L’uomo, scimmia nuda, essere “complesso”
L’uomo conosce raccontando se stesso e del mondo mediante il linguaggio,[1] con il quale trasmette la propria visione del mondo, comunica e si comunica nelle relazioni inter-umane, nel tempo. La realtà é complessa, poiché una sua visione inferita da mero determinismo analitico e concettuale non soddisfa mai la ricerca del senso. Occorre anche un altro approccio conoscitivo, quello travalicante le dimensioni della razionalità e della logica: la ragione e il sentimento.[2] Osserviamo infatti come la chimica emerge dalla fisica, la biologia dalla chimica, la coscienza dalla vita biologica, la coscienza sociale da quella individuale, il tutto da Dio, nella nostra Fede. Biologi, filosofi, fisici, scienziati sociali e studiosi di management, stanno cercando da tempo di dipanarne il filo[3] che non era ignoto neppure ai ricercatori dello spirito di ogni tempo e luogo.[4]
Da Socrate con il suo sapere di non sapere, a Dante [Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ ché la diritta via era smarrita – Inferno, I, 1 – 3] a Nicola Cusano [De docta ignorantia,[5] l’ignoranza che si autoconosce, e che pertanto può procedere sulla via della conoscenza indefinita…], l’uomo si è reso sempre conto che ogni apertura a nuove conoscenze avrebbe comportato un’ulteriorità, l’obbligo di proseguire, di addentrarsi in trame e sentieri talora interrotti [Heidegger],[6] e sempre erti, faticosi e difficili.
La meraviglia o lo stupore che si accompagnano al coglimento della realtà, si declinano in una specie di smarrito straniamento, mentre come sentimento accedono confusamente alla percezione della complessità, cioè di un qualcosa di incomprensibile con i soli strumenti della riflessione logico-razionale. Il processo della conoscenza approda ogni momento a una sorta di inesauribilità del reale, a una sua indefinitività. La persona stessa, manifesta anche una possibile “dividualità“, apertura, incompletezza, che comporta un continuum nell’azione conoscitiva.[7] Questa sempre parziale azione conoscitiva alimenta il desiderio come apertura verso l’alterità. L’alterità è dunque meravigliosamente sfuggente perché complessa, ma anche perché inesauribile e indefinibile componente della totalità.[8]
Vi è a questo punto un’unità di misura della complessità? Potrebbe essere il concetto di totalità inesauribile?
Alcuni, come R. Celestino [2002], intendono la totalità come sistema complesso, un insieme di parti che si influenzano reciprocamente e indefinitamente.[9] Joel de Rosnay [1977] spiega che un sistema complesso come nozione riferibile alla totalità è composto da una grande varietà di componenti o di elementi con funzioni specializzate e organizzate per sistemi gerarchici interni [ad es. nel corpo umano: cellule, organi, sistemi di organi]; i diversi livelli e gli elementi individuali sono collegati da una grande varietà di legami. Ne viene fuori una grande densità di interconnessioni.[10]
La totalità dice un numero pressoché indefinito di connessioni.[11] L’essere umano, per quanto ci è dato conoscere, è la struttura più articolata e ricca di connessioni tra i viventi, a partire dal cervello: la sua complessità pone un incommensurabile campo di analisi e di interpretazione sotto ogni profilo psicofisico e spirituale.[12] Non vi è dubbio che l’uomo costituisce un campo di indagine inesauribile, proprio per queste sue caratteristiche di indefinitività: pertanto non si dà mai come terminata la ricerca sui nessi e le interdipendenze che lo costituiscono.
[1] Omnis cognoscentia fit per modum cognoscentis, cioè ogni atto del conoscere avviene secondo il come [può conoscere] il soggetto, ovvero vi è un rinvio continuo tra linguaggio e realtà e quest’ultima e il linguaggio.
[2] Parafrasando J. Austen.
[3] Cf. Prigogine I., Morin E., Waldrop M. M., Stacey R., in DE TONI A.F. e COMELLO L., Prede o ragni, Ed. UTET Libreria, Torino, 2005.
[4] Cf. il pensiero mediterraneo, greco-latino e semitico, e il pensiero orientale, hindu-buddistico e taoista-confuciano.
[5] Cf. CUSANO N., De docta ignorantia, La dotta ignoranza, Rusconi, Milano 1988.
[6] Cf. HEIDEGGER M., Heidegger M., Unterweges zur Sprachen, Pfüllingen, 1959, Sentieri interrotti, trad. it. di Chiodi P., 1971, a cura di Massarenti A., Il pensiero di Martin Heidegger. Opere scelte di grandi filosofi, ed. Il Sole 24 Ore Spa, Milano 2006.
[7] Anche se dovremmo sempre tenere presente l’intrinseca contradditrietà del subiectum come individualità irripetibile-persona, e nel contempo come ente sottoposto, come υ͗ποκείμενον.
[8] …e in attento ascolto delle notizie che giungono dalla ricerca neuro-scientifica sulla complessità del “software” umano.
[9] Ibidem, 7, cf. Celestino R., Il manager in tempo di crisi, in Ideediade, Periodico di cultura della qualità e dell’organizzazione, www.ipq.it/ideediade/n_25/management.htm.
[10] Ibidem, 8, cf. De Rosnay J., Il macroscopio. Verso una visione globale, Dedalo, Bari 1977; Dioguardi G., L’impresa flessibile: una riposta alla competizione globale; Bertelè U. e Mariotti S., Impresa e competizione dinamica. Complessità economica, efficienza d’impresa e cambiamento industriale, Etas, Milano 1991. Il Dioguardi, per spiegare come il concetto di complessità non debba essere confuso con quello di complicazione, pensa che vada riservata un’attenzione particolare al concetto di interazione, nella sua accezione diretta e di retroazione [feedback], poiché si tratta di collegamenti fra le parti che determinano reciproche influenze e condizionamenti in una condizione dinamica, quindi non statica. Se si verificasse soltanto quest’ultimo aspetto, si sarebbe in presenza di una struttura in stato di quiete, alla quale potrebbe ben applicarsi il concetto di “complicazione”, prima o poi conoscibile, spiegabile e quindi riconducibile al significato di semplice; Afferma Alberto F. De Toni [Università di Udine, 2005]: «Le due caratteristiche fondamentali per descrivere un sistema sono gli elementi e le connessioni. In un sistema complesso gli elementi sono molto numerosi: basti considerare alcuni sistemi come il cervello (1011 – 1012, cioè tra 100 e 1000 miliardi di neuroni), il mondo (1010 di persone, cioè 10 miliardi), il laser (1018 atomi), il fluido (1023 molecole/cmq). Oltre alla numerosità un’altra caratteristica importante degli elementi facenti parte di un sistema complesso è la varietà», De Toni A. F. e Comello L., cit., 9.
[11] Parlando di connessioni, constatiamo ad esempio che, se per ogni neurone del cervello possono esistere un migliaio di dendriti, il numero delle connessioni stesse [sinapsi] possa ammontare ad un ordine di 1013! Proviamo a elencare alcuni sistemi complessi presenti nel nostro tempo: biologia: DNA, cellule, organismi, cervello; economia: aziende, economia nazionale, economia mondiale; linguistica: linguaggi, gerghi, etc. [e siamo in tema del nostro lavoro]; psicologia e sociologia: individui, piccoli gruppi, grandi gruppi, società; chimica: reazioni chimiche; scienze informatiche: computer paralleli, e certamente altri.
[12] Ibidem, 10; S. Cerrato [1996] propone una interessante definizione: «Complessi sono tutti quei sistemi e quei fenomeni costituiti da molti componenti o agenti che interagiscono tra di loro in infiniti modi possibili e il cui comportamento non è dato dalla semplice somma dei comportamenti dei suoi elementi costitutivi, ma dipende fortemente dalle loro interazioni. I sistemi complessi sono inoltre adattativi, nel senso che sono in grado di elaborare informazione, di costruirsi dei modelli, di adattarsi al mondo e di valutare se l’adattamento sia utile o meno», in Cerrato S., Caos e complessità, Cuen, Napoli 1996.
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