Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Sopravvalutati e sopravvalutatori

sopravvalutatoCaro lettor serale,

La prima parte della vita è tutta un prendere/ la seconda parte della vita è tutto un lasciare“”, così il poeta Cesare Viviani.

La sapienza hindu propone una quadripartizione della vita umana: a) imparare, b) insegnare, c) stare nel bosco (la sapienza silenziosa), d) mendicare, perché tutto pian piano ci lascia.

Oggi nei miei paraggi ne sento un’altra, divertentissima: “Mi piace sbagliare le parole, inventare metatesi, calembour e imprecisioni, perché quando avrò l’Alzheimer, nessuno se ne accorgerà“.

Mi chiedo se ogni tanto pensano a questo coloro che si annoverano tra i primi o i secondi del titolo di questo pezzo, posto che i primi siano ancora in vita, perché a volte costoro son sopravvalutati loro malgrado.

Di solito i sopravvalutati, presenti in tutte le categorie sociali, non hanno molto spirito filosofico e men che meno senso dell’umorismo, ma son seriosi, compiti e compunti. Ve ne sono di notissimi a un ampio pubblico (scrittori come Faletti, Volo, Moccia, Corona, Dan Brown e innumerevoli pseudo-artistoidi di varia bestialità), e molti men noti. In questi ultimi giorni è riemerso un altro sopravvalutato: Cofferati. Questo signore, dopo essere stato segretario generale della Cgil, occupando un posto precedentemente rappresentato da ben altre personalità, sindaco (poco amato) di Bologna e deputato europeo, ora non si rassegna a perdere le primarie di partito per la regione Liguria, battuto da una quarantenne (lui sostiene scorrettamente). Ora, stracciandosi le vesti, come un Caifa grottesco, se ne va dal PD: ponti d’oro, caro compagno.

Peraltro in Italia c’è uno strano vizietto, quello di costituire congreghe che si autosostentano, i cui appartenenti si citano vicendevolmente, e invecchiando si premiano, di solito eleggendo un intellettuale o un artista già morto a loro mèntore spirituale, cui dedicano, convegni, tavole rotonde, e… premi che poi attribuiscono a se stessi o ad amici vicini e lontani.

L’ultimo esempio è la pletora di cordogli più o meno sinceri in morte di Pino Daniele. Nauseante. E ora anche la retoricissima “Je suis Charlie” dopo i fatti orrendi di Parigi.

Dalle mie parti in Friuli non è diverso. Vi sono circoli chiusi di intellettuali o sé putanti tali che monopolizzano iniziative e finanziamenti dove, se sei con loro sei dentro, e sennò sei fuori (Pordenonelegge, Legger-mente, Vicino&Lontano, etc.). Vi sono poi cinque o sei intellettuali, quasi tutti defunti, che monopolizzano in Friuli l’attenzione di circoli e festival: Pasolini, padre David M. Turoldo, don Gilberto Pressacco, i poeti e scrittori Giacomini e Bartolini, e i neo-inseriti nell’elenco dei meritevoli di almeno un convegno o due, F. Marchetta e Agnul di Spere. Prima il cordoglio e poi la commemorazione, mai il lutto, mai il silenzio, la riflessione, l’attesa di un tempo giusto per la valutazione. Subito il convegno, subito la valutazione, a volte la sopravvalutazione, nonostante sappiamo che il tempo è l’unico giudice della validità delle opere umane. A questi frettolosi ricorderei che il sommo Kantor di Lipsia, J. S. Bach, era ritenuto dai suoi contemporanei solo un ottimo organista, e si dovette aspettare il romantico Mendelssohn per “scoprire” un poco la sua grandezza. Non è che sia meglio aspettare “un Mendelssohn” almeno per i piccoletti che celebriamo qui?

Ah, a proposito, il padre Cornelio Fabro da Flumignano, uno dei maggiori filosofi italiani del ‘900, ai signori “soprav-valutatori”di cui sopra, è praticamente sconosciuto. Ma non mi meraviglio, perché la vulgata ignorantissima dei “politicamente corretti” di cui sopra, lo riteneva “di destra”: sarebbe come ritenere “di destra” Aristotele e Tommaso d’Aquino. I “politicamente corretti” trascurano chi non condivide il loro pensiero unico ed esercita la libera espressione del pensiero riflettente, non dando per buona a-priori la prima vulgata che passa.

Gli autori furlani sopra citati sono, per valore, a geometria variabile  (non paragoniamo Bartolini a Agnul di Spere, vero?), ma comunque adatti a una campagna semi-culturale, buona, non tanto per loro, che non ci sono più, ma essenzialmente per chi si bea nel rammemorarli vivendo, come la luna, di luce riflessa (posto che tutti i memorati emanino una vivida luce, e su questo conservo ragionevoli dubbi).

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