Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

La libertà e l’idiozia

libertas maiorCaro lettor riflessivo,

ascolto stamani Massimo Bordin in “Stampa&Regime” di Radio Radicale, che cita l’articolessa di Stefano Rodotà sul gran quotidiano della sinistra radical chic in tema di libertà di espressione. L’insigne giurista afferma che “o la libertà è assoluta, o non è tale”, e che pertanto anche i distinguo di mons. Bregantini e la scenetta (del Papa in aereo) del “pugno” che darebbe a chi insultasse sua madre, sono inaccettabili, perché in qualche modo limitativi della “libertà” (anche di insultare sua madre).

Naturalmente il tema è ancora quello di Charlie Ebdo. Chiederei all’insigne giurista che cosa intende per “libertà assoluta”, e se questa possa darsi nella vita umana.

Per duemilacinquecento anni il pensiero occidentale si è affaticato sul tema della libertà, senza venirne a capo in modo univoco, per cui suggerirei all’insigne giurista di dare una letta al dibattito, dove troverà, ad esempio, che anche Jean-Paul Sartre riteneva essere la libertà quasi una “condanna”, oltre che un valore, per gli esseri umani. “Condannati a essere liberi perché gettati nel mondo” (cf. Sartre&Heidegger).

L’esercizio della libertà non può essere assoluto, per almeno due gruppi di macro-ragioni: a) il limite umano soggettivo, che è fisico-biologico, antropologico da scimmione intelligente (cf. Boncinelli e Giorello), psicologico, e b) le condizioni esterne, congiunturali, fattuali. In altre parole non è possibile la “libertà ab-soluta” cioè sciolta da ogni condizionamento: non lo è de facto, checché ne dicano giuristi insigni e men insigni. La scienza del diritto ha forse bisogno di immergersi umilmente nelle scienze che studiano l’uomo.

Nel caso: l’enfasi posta dalla vicenda sulla libertà di espressione, dimentica che esiste anche il senso di opportunità, il senso della misura, il rischio della ripetizione e della stereotipia: a volte per essere sempre originali a tutti i costi si finisce per essere scontati. Non è in questione la libertà di espressione, la greca parresìa, ma l’intelligenza delle situazioni e la capacità di misurare l’esercizio della libertà con le esigenze di operare per un bene che vada oltre il proprio libero arbitrio (per libero che possa essere, vista la nostra natura animal-spirituale).

E dunque, piuttosto che declinare la libertà come “assoluta” e quasi un “fare-ciò-che-si-vuole”, la declinerei, sulle orme di un Tommaso d’Aquino, che non era a digiuno di una sana antropologia, come un “volere ciò che si fa”, dove il rapporto sistematico tra la facoltà di ragione e la facoltà volitiva si coniugano in un esercizio del pensiero logico-argomentativo, capace di dare risposte alle complesse istanze della vita individuale e della convivenza tra diversi.

Non è in questione il modello democratico di matrice occidentale, anche se non va imposto con gli F16 a nessuno, e neppure l’esigenza improcrastinabile di colpire i fanatici e i violenti sragionanti pazzi, che minacciano l’incolumità di singoli e popolazioni, ma la capacità di riflettere, ancora, su noi stessi come esseri umani “liberi”, e in che modo e misura lo siamo. Certo non-ab-solutamente.

Questo, secondo me, voleva significare il Papa con il suo gesto, la centralità di una libertas major (cf. Agostino), cioè responsabile, non riproporre cerchi sacrali di intangibilità delle religioni, che sono comunque espressioni dell’umano, secondo una particolare declinazione socio-antropologica e storica. Tutto lì.

Ah, per finire, un pensiero sulla sprovvedutezza e un po’ di idiozia: sono tornate le due sventatelle (stupidelle? sono state tre volte in Siria con una strana onlus non accreditata, e non hanno mai avvertito l’Ufficio preposto della Farnesina! Anche presuntuose?) Greta e Vanessa. Chissà se hanno capito qualcosa, e speriamo non siano costate più di tanto all’erario. E, ultima cosa: fossi stato nel Ministro degli Affari Esteri (della Repubblica Democratica del Popolo Italiano, quindi anche mia), l’Eccellenza Paolo Gentiloni,  avrei mandato ad accoglierle all’aeroporto un funzionario della Farnesina, su dai. E non me la racconti, oh Ministro, che abbiamo bisogno di ragazze come queste due: abbiamo, piuttosto, bisogno di ragazze più prudenti e meno sventate.

Peccato che i padri di queste due “eroine” non possano neanche sculacciarle di santa ragione, perché a rischio di un loro ricorso a “telefono rosa” (o azzurro, forse).

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