Intorno al tempo
Se i fisici hanno tolto la variabile “t” dalle loro equazioni, da quando è stata accettata la dimensione spazio-temporale come quarta, oltre alle tre spaziali, non è detto che per la vita umana, oltre che per il senso comune, il tempo come concetto legato alla realtà, sia sparito.
Dal tempo come successione di “prima e di poi” aristotelico, al tempo assoluto di Newton (su cui Leibniz nutriva seri dubbi, perché questi riteneva essere il tempo un “rapporto tra eventi”, ma tra i due vi fu feroce competizione anche sul calcolo infinitesimale), fino alla nozione di relatività generale legata a Einstein e al matematico Hermann Minchowski ai primi del ‘900, la nozione è cambiata radicalmente.
Forse solo Agostino (cf. Libro XI delle Confessiones, che parafraso liberamente: “Se non me lo chiedi so che cosa sia, se me lo chiedi, non so più”, e inoltre: del tempo si può solo dire che l’unico vero è il presente, poiché il passato si percepisce come presente del passato, cioè memoria, e il futuro, come presente del futuro, cioè speranza) si era avvicinato con un geniale atto intuitivo a una concezione che ancora oggi possiamo, sotto un certo profilo, ritenere plausibile.
Infatti, del tempo si stanno occupando da almeno trent’anni anche gli studiosi della mente (neuroscienziati e psicologi). Per queste ricerche il tempo non è solo: atto della mente, della ragione, della percezione, dell’intuizione, dei sensi, della memoria, della volontà, a-priori, innato, empirico, intuitivo, interno a tutte le interferenze possibili…, ma è anche qualcosa di presente fisicamente, elettro-chimicamente, biologicamente, psicologicamente.
L’uomo, che è anche bio-psico–macchina, lo percepisce: basti solo considerare il rapporto tra veglia e sonno, l’indispensabilità del sonno, il rapporto tra i due stati, proporzionato all’età anagrafica e controllato da precise aree del cervello, sia della parte corticale sia di quella limbica.
A me capita di svegliarmi molto presto, se vado a dormire presto, dopo circa cinque ore e mezza/ sei (quattro cicli circadiani), e so anche, senza guardare, che ora è, sbagliando al massimo di una ventina di minuti.
Che cosa significa? Vuol dire che in qualche modo ho il senso di un ciclo fisico-temporale che si è sviluppato e concluso, e se sono in salute, senza interferenze di alcun genere, colgo il tempo per l’autorisveglio.
Che meraviglia! Noi umani, (e certamente anche gli animali, in qualche modo), abbiamo il senso del tempo, lo sentiamo transitare dentro di noi, ci vediamo -nel suo scorrere- diversi, ci cogliamo nel processo della crescita e anche dell’invecchiamento, apprezziamo i suoi segni, il colore dei capelli che cambia, le rughe espressive che sorgono sul viso… con il tempo.
Avec le temp, cantava Leo Ferrè, una struggente ballata. Sì, col tempo, comprendiamo la bellezza del mondo e della vita, il valore delle relazioni umane, l’amore e le altre passioni che ci condizionano, anche se non le “ragioni” del male, sappiamo che c’è un tempo per ogni cosa, e anche uno per il congedo.
“Col tempo, sai, tutto avrà avuto una ragione”.
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