Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

L’essere e il nulla

SartreE’ il titolo di un’opera di J.-P. Sartre del 1943, l’Être et le néant, echeggiante l’heideggeriano Essere e Tempo (Sein un Zeit) pubblicato sedici anni prima.

Sartre si relaziona con la scuola fenomenologica di Husserl e poi con Heidegger, convinto che sia necessario riprendere un discorso metafisico sull’essere, non per riproporre una stanca riedizione della metafisica dell’ultima scolastica, ma per cercare le più profonde radici classiche di quel pensiero, alla luce della tragedia umana del nostro tempo.

Il suo merito è di aver avuto il coraggio di procedere lungo la strada della ricerca sull’essere, recuperando Agostino e Descartes, che hanno posto il tema del pensiero pensante il (del) soggetto come premessa di ogni gnoseologia. Per Sartre l’essere delle cose e della vita è concepibile solo se è preceduto dalla nozione dell’esistenza: l’esistere viene prima dell’essere, l’esistentivo precede e fonda l’ontico, anche se l’essere è ciò-per-cui-l’ente-è. Non vi è essenza di alcunché se non vi è l’esistenza dello stesso soggetto.

L’uomo è come un  “Dio-mancato”, a volte demonio, a volte angelo, sempre in viaggio, lungo il tempo e lo spazio che gli è dato. Egli vale in quanto è, e non può esimersi dall’essere, una volta che è a questo mondo.

In questo esistere, in un dove l’uomo è “gettato”, vi è la libertà cui l’uomo stesso è condannato dalla sua autoconsapevolezza, sostanziata nella coscienza d’essere, che coincide con l’essere stesso, e anche con il nulla dell’altro.

L’uomo è “condannato” ad esistere e ad autotrascendersi continuamente, angosciato dalla vita cui è “condannato”.

Il paradosso sartriano è quello della “condanna-a-vita-alla-vita-che-è-una-condanna-a-morte” (“essere-per-la-morte” di Heidegger), ed ha ragione, specie se lo si legge con l’aiuto di Agostino: io sono qui e non lì, e la mia gioia è questa qui, non dipende dal rimpianto o dalla speranza, è qui e mi fa compagnia.

Anche il recupero progressivo della mano destra, ferita, mi dice che Sartre ha ragione, se penso alla verità dell’esser-qui-e-ora, non altrove e prima o nel dopo che non possiede l’esistere: non è “fuori”, non ex-siste, non sta, non è, è solo nulla.

Ora io vivo qui, vivo dove sono, e domani vivrò dove sarò se sarò vivo e godrò della mia vita, e posdomani, e oltre e oltre, fino alla fine del mio tempo, da questa parte dell’essere.

Post correlati

0 Comments

Leave a Reply

XHTML: You can use these tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>