Volo Barcellona-Düsseldorf o degli abissi della mente
Andreas Lubitz si è suicidato a 27 anni uccidendo anche 149 persone. Fatto agghiacciante, che ci interpella ancora una volta circa gli abissi della mente umana, e che fa modificare di nuovo le regole di gestione degli aerei civili, già radicalmente cambiate dopo gli attentati del 11 settembre 2001 negli U.S.A..
E si riparla di selezione di quel tipo di personale, di test psico-attitudinali da somministrare periodicamente, del loro costo economico e organizzativo. Ogni volta che succede qualcosa di grave, c’è un ripensamento, com’è naturale che sia. Questo caso, imparando ancora come i paleolitici (scimmie non più nude di noi) per prove ed errori, le compagnie aeree dovranno riflettere su una più corretta relazione tra costi, efficienza e sicurezza, dando a quest’ultima il rilievo organizzativo ed etico che merita.
Inoltre, la riflessione si incentra anche sulla domanda “uomo”, come spiegava ieri il professor Cancrini, e sull’esigenza di porre sempre attenzione all’infinita variabilità e mutabilità-imprevedibilità della psiche umana, sviluppando attività dialogiche con le singole persone e con i gruppi. Viene da chiedersi se Germanwings (e anche le altre compagnie low cost e non) abbia in uso qualche metodologia per monitorare periodicamente lo stato d’animo dei piloti, che hanno in mano decine o centinaia di vite umane per ore.
E’ chiaro che, stanti l’irriducibile unicità di ogni episodio e le leggi statistiche, è meglio non illudersi che sia possibile conseguire una sicurezza assoluta in quelle situazioni, ma certamente qualcosa non si sta facendo e si può fare.
Statistica, probabilità, caso, sono le parole che ci vengono in mente. Se la statistica è una disciplina scientifica dell’area matematica, e la probabilità è una sua dimensione, il caso è un tema prettamente filosofico, e pertanto molto più opinabile. Il matematico David Hand ha scritto un libro per mostrare che “il caso non esiste”, ma è solo probabile. E’ l’ambito concettuale delle frasi ipotetiche che iniziano con il “se” e sono seguite dal “non”: la storia riscritta. Es.: e se Mussolini non si fosse alleato con Hitler, sarebbe morto di vecchiaia? Oppure: se il comandante dell’Airbus320 Barcellona-Düsseldorf non fosse andato a fare pipì?
Noi non conosciamo il futuro, come insegna Agostino nel Libro XI delle Confessiones, ma in qualche modo possiamo contribuire a determinarlo, anche se non mai del tutto.
Nell’ambito qui trattato, sollecitati dal tragico evento, possiamo dire che l’uomo può intervenire preventivamente con regole più intelligenti e complete, con una selezione del personale più accurata, una formazione adeguata e un monitoraggio psico-morale più strutturato nel tempo. Il resto è nelle mani… del caso? Di Dio? Ma Dio non può volere il male, e pertanto la risposta corretta è: “il resto è nelle mani della libertà”.
E, se posso, questo caso fa anche riflettere su una certa ybris germanica, un superiority complex che questo doloroso evento ha indubbiamente messo alla prova, almeno nell’ambito aviatorio di Lufthansa. Ma vi è di più: se diamo uno sguardo alla tradizione culturale luteran-calvinista troviamo almeno tre termini che la dicono lunga sullo spirito di quella grande nazione, svelandone anche i tratti più oscuri e meno nobili. Vediamo quali:
Schedenfreude, cioè una sorta di piacere per le sventure altrui (il vizio dell’invidia in linguaggio teologico-morale); Fremdschæmen, cioè la vergogna che si prova nell’essere visti sbagliare da altri; Schreibtischæter, vale a dire il crimine da scrivania, quello banale (cf. la storia di Eichmann, così come l’ha raccontata Hannah Arendt ne La banalità del male).
Ogni nazione fa bene a guardare dentro se stessa (la Germania il suo a volte noioso e presuntuoso perfettismo, che può portare a chiudere gli occhi dopo avere “messo a posto i documenti”), così come ogni anima individuale.
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