“mondi”
…mondi in che senso “mondi”, magari nel senso di puliti? Guardare il mondo con tutti i sensi dobbiamo, con sinestesie continue e improvvise, creando mondi di sensibilità diverse, mondità continue (Heidegger).
Il mondo-terra è dove abitiamo, ma il concetto di “mondo” ricomprende anche tutto ciò che sta sulla terra e anche ciò che sta fuori, l’universo, o quello che è il tutto, anche quello sconosciuto come la materia oscura.
In latino locus mundus significa luogo pulito e visibile, ordinato, bello, concetto presente anche nel termine greco κόσμος (kósmos), contrapposto al termine καος (kàos).
Si può intendere come il tutto, ovvero come un qualcosa di parziale, storicamente dato, nel tempo, nei luoghi, nelle attività umane: mondo romano, mondo dell’economia e del lavoro o dell’arte, mondo della vendita e degli acquisti, mondo delle transazioni e mondo-di-mezzo, mondo della politica o della scuola… mondi.
Oppure, ancora, come mondi interiori, vastità spirituali, profondità della psiche (anima), orizzonti di senso e di interpretazione; differenze, diversità, cambi di direzione, in-venzioni (cioè trovate-scoperte) che penetrano mondi nuovi, come la teoria della relatività generale di Einstein.
Ci sono anche i mondi della creazione letteraria, delle grandi narrazioni, dell’epica e dei poemi, da Eschilo a Brecht, da Omero a Dante a Maiakovskij, da Petronio Arbitro a Dickens e Gadda, mondi viventi come i mondi della vita; realissimi come biografie storicamente attestate.
Ma, e qui l’avversativa ci sta tutta, vi sono anche i mondi della stupidità e dell’idiozia, di cui spesso ho dato conto in questo sito: proprio questo pomeriggio, vedendo in tv la mia amatissima Parigi-Roubaix (che tra un paio d’anni, a Dio piacendo, mi gusterò dal vivo), ho dovuto sopportare i commentatori. Uno, che di nome mi pare faccia Martinello, ex ciclista di mediocri glorie, ha affermato “Tal corridore (non ricordo chi, però uno forte) ha avuto dall’ammiraglia il nulla osta per andare all’arrivo”, ah benedett’uomo, di grazia, per quale arcana ragione si sarebbe trovato lì a rotolare sulle pietre del pavè, se non per accorciare la tortura della corsa finendola, come spiegava il grande Marco Pantani? E poi la perla, detta seriamente da tal Beppe Conti: “ha vinto Degenkolb perché il ciclismo è una scienza esatta”. Cosa? Il ciclismo, con tutte le sue variabili soggettive e ambientali, con tutte le sue imprevedibili evoluzioni, pericoli di cadute, improvvisa fine delle energie, differenze imponderabili nello svolgimento della corsa, improvvise accelerazioni e decelerazioni, sarebbe una “scienza esatta”? Ma questo signore sa che cosa si intende nella comune accezione per scienza esatta? Evidentemente no, perché fa parte del mondo degli stupidi.
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