Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Un vescovo

dom Helder CamaraMi ero affrettato molto verso la fermata dell’autobus per accogliere il nostro illustre ospite con la dovuta cortesia. Il parroco mi aveva pregato di andare con l’auto a prendere Monsignore, che arrivava da… Allora, tra i primi obiettori di coscienza prestavo servizio presso la Caritas diocesana e le parrocchie del capoluogo. Io ero di stanza a Rorai Grande con don Verdiano,…” così mi racconta l’amico Fabio di un qualcosa che l’ha segnato profondamente, accaduto ventisette o ventotto anni fa. E continua: “Lui era già lì, piccolino, un metro e sessanta, io ero allora già un metro e ottantatré come adesso. Con la tonaca benedettina e una croce di legno sul petto, sorridente. Aveva una borsa di plastica per mano, con le sue poche (povere) cose, alcuni indumenti di ricambio e libro canonico, per recitare le ore. Con un sorriso un poco imbarazzato lo avevo fatto salire sulla mia Uno di seconda mano e l’avevo portato in canonica. Sai chi era?, mi chiede Fabio. e poi esclama, era dom Hélder Camara, il vescovo di Recife!”

E poi mi racconta del suo arrivo in canonica, di chi lo stava ad aspettare per salutarlo, e tra questi nessun maggiorente (vescovo e sindaco della città), ma tanta gente del posto, che voleva vedere il piccolo vescovo brasiliano.

Il giorno dopo, grande assemblea popolare dove dom Hélder aveva raccontato la sua esperienza tra i poveri di quella terra immensa, del suo lavoro di pastore di Cristo, appassionando tutti con la sua capacità di stare lì, di dire la sua verità di uomo, solo con la presenza.

Poi quella notte, riprende Fabio il racconto, il parroco mi aveva pregato di stare con lui in una cameretta vicina  alla sua, allestita presso la scuola materna parrocchiale, per ogni sua esigenza. Quella notte dom Hélder si è alzato tre volte, una ogni due ore, per pregare sommessamente a bassa voce. Io l’ho sentito perché ho dormito molto poco, ma l’indomani tutto ciò mi era parso come un dono, quasi un miracolo.”

Salutato il parroco, Fabio l’aveva riportato a prendere l’autobus per Treviso dove avrebbe preso l’aereo per tornare verso l’America dopo alcune altre tappe europee.

Un vescovo, cioè un supervisore, un discendente della linea apostolica, con due borse di plastica e il saio quasi da mendicante. Principe povero tra i poveri veri, non compiaciuto militante di una chiesa bisognosa della povertà altrui per spiccare agli occhi del mondo, come capita di veder accadere oggi, non raramente.

« Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista. »
(Dom Hélder Câmara)
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