Il pensiero e il viaggio
in viaggio per Torino rifletto sul… viaggio. Molta gente ha la passione per i viaggi, ma ancora più passione per raccontarli, a volte con una sottile, forse non del tutto conscia, volontà di ingelosimento dell’ascoltatore, che non sempre può “vantarsi” di altrettanto. La consapevolezza del proprio “privilegio” può generare nell’homo viator (nello spazio) una sorta di compensazione esistenziale di difficile nascondimento.
Indubbiamente c’è chi viaggia con criterio, per curiosità dell’uman genere e del mondo, per serie ragioni culturali e di crescita personale, ma vi è anche qualcuno che viaggia soprattutto per mostrare agli altri che può farlo, forse soffrendo di un perennemente insoddisfatto bisogno di conferme, a teste di una fondamentale insicurezza personale.
Nella mia vita ho viaggiato non pochissimo, soprattutto per lavoro, anche in Europa e in America, approfittando sempre per degli inserti conoscitivi, tra un impegno e l’altro. Per diporto ho viaggiato anch’io, e in modo talora insolito: tra tutti i grandi viaggi non dimentico il più lungo come durata, che potevo permettermi non avendo ancora trent’anni: un mese in auto attraversando Austria, Cecoslovacchia, Polonia, e l’Unione Sovietica da Minsk a Leningrado, passando per Smolensk, Mosca e Novgorod, e poi la Finlandia, la Svezia, la Danimarca, la Germania. Il mio più grande viaggio, non tanto nello spazio, quanto nel tempo e nella cultura degli uomini.
Di contro, vi sono persone che, o perché tenute/ obbligate in ristretti orizzonti (il carcere o l’ospedale), o perché impossibilitate da ragioni economiche e familiari, non viaggiano, sentendosi raccontare le mirabilie dei luoghi visitati da altri, che accentuano particolari straordinari o stupefacenti delle loro “imprese”, fatte magari durante viaggi rigorosamente organizzati.
Vi sono anche viatores più avventurosi, che preferiscono portarsi in luoghi pericolosi od estremi, rischiando a volte di essere rapiti da malintenzionati a caccia di riscatti, e talora peggio, persone che non badano tanto ai warning della Farnesina, e poi spesso vengono salvati a spese del contribuente. Della stessa genia un po’ idiota fanno parte certi volontari e volontarie che vanno ad aiutare il prossimo un po’ lontano, senza badare molto al prossimo bisognoso che si vede per strada, nel paesello.
Torno a chi viaggiare non può. Costui o costei deve dunque ritenersi sfigato/a? Penso proprio di no, e non solo perché io stesso non faccio più ferie da anni (non compatibili con le mie disponibilità), ma perché il nostro pensiero resta comunque libero, libero di spaziare verso gli orizzonti che vediamo, anche nei limiti della bellissima terra dove viviamo, entro la cerchia della alte montagne azzurre (quando le guardi dalla pianura), o verdissime di boschi e scure o bianche di rocce ardite quando ti avvicini.
E poi, forse che queste persone non viaggiano lungo l’itinerario della vita, che è Il VIAGGIO per eccellenza? Forse che in questo viaggio non si incontrano/ incrociano tutti i bivi, trivi e quadrivi fisici, psicologici e spirituali che somigliano a tutte le strade del mondo, e le persone più disparate? Forse che in questo viaggio non si vivono tutti i patemi, ansie, gioie (magari rare), metafora di altrettanto nei viaggi fatti nello spazio fisico?
E ciò vale anche per chi è nei ristretti orizzonti di un carcere o di un ospedale, e anche per chi non può permettersi di viaggiare. Molte persone conosco di questa condizione, persone eccellenti, vitali, a volte grandi. Persone.
E allora? Chi viaggia con lo spirito competitivo dell’ingelositore, si tranquillizzi ché non la racconta a nessuno. L’anima dell’uomo è più grande di ogni vacanza esotica o di ogni luogo à la page, e dunque… buon viaggio nella vita.
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