L’immagine e la rivoluzione
L’immagine è la Sindone, esposta nel duomo di Torino, che stamani ho visto, la rivoluzione è il Risorgimento italiano, nel grande museo di Palazzo Carignano. Una mattinata torinese.
Due emozioni, due commozioni, diverse ma unificate nell’anima: la prima è l’immagine dell’Uomo-Dio, cioè mia e tua, caro lettore, e non perché tu e io siamo “dei”, e tantomeno “Dio”, ma perché Dio vero, unitrino, onnipotente, eterno, creatore, incondizionato è tutto in tutti (san Paolo, Cusano, Solov’ev). L’immagine è la rappresentazione ideale di un qualcosa, la species impressa nell’anima razionale, per Platone addirittura la realtà più… reale.
Il lenzuolo antico conserva le nervature seppiate di quel lampo studiato dalla scienza fisica contemporanea, e rimanda una luce pallida nella quale si intravede il negativo/positivo di un corpo ucciso. Sono uscito dal Duomo di san Giovanni silenzioso.
Il Museo del Risorgimento è una carrellata di storia patria da rivedere dopo le scuole che tutti abbiamo fatto e i racconti ufficiali, a volte edulcorati e apodittici: il Risorgimento è stata una rivoluzione dall’alto e dal basso, piena di contraddizioni ma grandiosa, nei nomi sconosciuti che l’hanno vissuta e per essa sono morti, e nei nomi noti o arcinoti, che sono da collocare dentro un’interpretazione storiografica più consona ed equilibrata.
Mi son fermato ad osservate divise, proclami e armi, tele gigantesche di battaglie, testi di inni patriottici e bandiere: tra queste una mi è rimasta nel cuore, più di altre, come il tricolore di Reggio Emilia, tessuto per la Repubblica napoleonica Cisalpina: quella dei socialisti umanisti del 1880/ 1900, Costa, Cavallotti e Bissolati. Dei grandi il più grande e realista, il Conte di Cavour.
E ora, tornando, penso all’Italia di oggi e ai suoi protagonisti politici: il cuore è incerto tra l’ira e il pianto.
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