Tutto passa, tutto cammina, tutto finisce, tutto va via… ma no, tutto re-sta , sub specie aeternitatis
Un titolo quasi “eracliteo” che però ben presto vira sull’ontologico parmenideo. Fuor del linguaggio filosofico, tutti abbiamo esperienza della porta oscura del tempo, tramite cui passano gli eventi, piccoli e grandi, personali e collettivi, buoni e crudeli, prevedibili (sempre fino a un certo punto), e inaspettati, belli e brutti.
E ci sembra che una volta passati non ci siano più… Sensazione falsa almeno in due sensi: a) se il fatto/ evento ha provocato conseguenze nel tempo successivo, quel fatto/ evento, anche se in sé concluso, continua a vivere negli effetti che ha provocato come causa o con-causa efficiente; b) essendo accaduto (il fatto/ evento) nessun potere al mondo, neppure quello divino, può fare in modo che non sia accaduto. Questa prerogativa ce l’hanno solo Zemeckis con i suoi film sul “ritorno al futuro”, e i fisici quando ipotizzano di superare la velocità della luce fino all’orizzonte degli eventi di un buco nero (il raggio di Schwarzhild), wormhole, che teoricamente permetterebbe di viaggiare nel tempo. Si fa per dire.
Più semplicemente, nella realtà, tutto passa e niente passa, perché tutto è com-presente, la battaglia di Kadesh e quella di Sedan, l’Impero romano e il matrimonio dei nostri genitori, l’ammutinamento del Bounty e la battaglia della Meloria o delle Midway, il viaggio di Marco Polo e quello di Samantha Cristoforetti, la mia ascesa al monte Civetta nel 1983 e quella prossima al Peralba. La grande Pietra Bianca mi aspetta per l’undicesima volta attendendo la mia guarigione, lì immobile, da milioni di anni, carbonato di calcio, epifania del sacro.
Tutto è compresente perché è legato dalla insopprimibile permanenza dell’essere e della relazione in-temporali, anche oltre il principio aristotelico di causalità efficiente (hoc propter hoc, cioè questo a causa di questo), e di quello humeano espresso in latino hoc post hoc, cioè questo dopo questo. Potrebbe allora avere ragione Spinoza, con il suo principio sostanziale del tutto che necessariamente è, ed è legato.
Ma non può bastare, altrimenti si perderebbero le tracce di ogni residuo libero arbitrio, anche facendo salve le neuroscienze più deterministiche.
Lasciamo pure quest’ultimo discorso, perché non se ne esce facilmente, e torniamo all’eternità degli “enti”, di cui peraltro scrivo spesso. Proviamo a pensare a tutto ciò che ci costituisce come esseri umani da un punto di vista affettivo e relazionale, ed esemplifico su me. Senza grande sforzo sento com-presenti, compartecipanti, viventi, essenti, tutti quelli che mi hanno accolto nella vita, e voluto bene, a partire dal volto buono di Luigia, mia madre. Quel volto, quelle attenzioni sono qui con me, così come i racconti di Pietro, mio padre, le sue lunghe narrazioni, la sua epica. E son qui presenti le lezioni del maestro Costantino, con tutta la loro enfasi patriottica, e la cura di don Aurelio, che mi insegnava a leggere e a parlare in pubblico, suggerendomi dizione e pause, e l’acribia filologica della professoressa di greco, la Gioietta… L’intelligentissima ratio del padre Barzaghi, distesa e dialogante tra san Tommaso, Bontadini e Severino, e l’hegeliana verve dialettica di Neri Pollastri, e di altri, non pochi. Tutti qui con me.
Ma più ancora è presente chi mi ha amato e mi ama ancora e per sempre, e chi mi ama ora mi ha amato da prima e per sempre, perché ciò era scritto fin dalla fondazione del cosmo.
Un’ultima riflessione: ascoltando i ragazzi d’oggi (Bea in primis) ho l’impressione che veramente stia cambiando l’hardware mentale. Un esempio: le chiedo se stia andando a Udine e mi risponde “sì, ora vedo”. Le dico che quell’”ora vedo” per me è più significativo del “sì” precedente, perché lo mette radicalmente in questione. Le chiedo ancora: nei prossimi quindici minuti quante volte pensi di poter cambiare idea, e mi risponde: due o tre volte e… non so. Mi dico: ma noi da ragazzi non eravamo fatti così, programmavamo le cose in maniera quasi solenne e… bella scoperta! Questi, perennemente connessi, vivono un presente-del-presente perfettamente agostiniano, oppure un movimento caotico-creativo, come dice spesso il Rettore De Toni, che apprezza queste nuove epistemologie legate alla ricerca, ma anche alle modifiche forse struttural-evolutive dei nostri cervelli umani.
E allora è ancora di più vera la compresenza degli eterni, in questo perenne movimento roteante della vita, cosicché tutto è -eviternamente- per sempre.
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