notturno
Insonne contemplo la sagoma dell’ospedale stagliantesi nel cielo ancora buio; son le tre e mezza ma le due e mezza reali. Il pulsare della macchina sociale è basso, profondo, quasi silenziato, ogni tanto un richiamo da una stanza, che si spegne in breve, la mia finestra è aperta e sento il respiro della notte. La porta dà sul lungo corridoio illuminato, da cui verso mezzanotte avevo visto affacciarsi l’infermiera gentile con un medicamento per me. Da allora sonnellini brevi, e altrettanti risvegli con pensieri, e la speranza che questa notte non duri troppo.
Sono stato trattenuto ancora un giorno, dopo i patemi e le complicanze inaspettate, dopo gli studi sul mio sangue particolare, frutto di genetica e di perpetuo sport.
Penso alla “fortuna” che mi accompagnato fino ad ora, per la salute e il movimento inarrestabile della mia vita.
Penso alle persone conosciute e perse di vista, ai sentimenti che ciascuno prova dentro di sé, a chi mi vuole bene e anche a chi mi detesta. Che cosa fa pendere il sentimento verso l’uno o l’altro polo? Quali misteriosi meccanismi elettrochimici o psicologici entrano in azione? Perché, se potessi, aboliresti dalla tua vita certe persone, e altre vorresti sempre abbracciare? Questo è il fluire silenzioso della mente in piena notte quasi estiva.
I prossimi giorni saranno di riabilitazione e lenta ripresa delle attività normali. Per una settimana mi porterà agli appuntamenti di lavoro, ridotti e selezionati, un buon amico, e poi vedremo, passo passo, senza buttare troppo in avanti lo sguardo, fermamente “agostiniani”.
Tra un’ora il cielo immoto trasalirà alle prime venature di luce orientale, filamenti di nuvole tracceranno il lento trascolorare. Tutto passa e tutto rimane, qui su questa terra e nella nostra mente, come verità da credere umilmente. Non auguro a nessuno notti di ospedale per pensare, ma di pensare. E so che c’è chi non ce la fa o che non vuole, perché ha paura del pensiero come di un male, o come fosse un disturbatore delle scelte elementari già fatte, quelle più egoistiche, senza discussioni.
E provo un poco di pena per costoro, non ne conosco pochi: in comune essi hanno il timore di essere presi in fallo. Cercano il potere come un taumaturgo che li metta al riparo dal pericolo, usano molte maschere al fine di non scoprire una disarmante fragilità. Non sanno mai bene se ciò che accade è opera loro o della fortuna.
Un refolo di vento mi raggiunge, vien giù dalle Prealpi vicine, dopo aver traversato i boschi e le radure, e forse ha già sentito in lontananza l’alba.
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