il range umano
atti generosi di smisurata grandezza, e atti nefandi di inguardabile orrore, accadono, non in contemporanea, ma addirittura in sinossi, così come ce li presenta il web o la tv. Del primo tipo se ne enumera miliardi, la più parte dei quali è nascosto, atti fatti nel nascondimento e nella quotidianità: mutuo soccorso, aiuto, assistenza, dialogo, presenza, capacità di far spazio ritraendo se stessi… Del secondo tipo cinismo anonimo crudelissimo come gli omicidi mediatizzati di Deosh (ragazzini che sparano alla nuca di uomini a Palmira). Se questo è un uomo, o meglio, se questo è l’uomo, carissimo Primo Levi.
Questo è un uomo, e anche questo è un uomo, caro Levi e carissimi tutti.
Interpellare solo i testi delle scienze evoluzionistiche mi sembra poco, o riduttivo. Che non siamo tutti uguali noi umani è assodato, senza che ciò suoni razzistico o potenzialmente eugenetico: è un dato di fatto, anche se dispiace ai buonisti di tutte le provenienze. Non è in questione la dignità etico-antropologica di ogni singolo essere umano, ma è in questione una supposta uguaglianza di tipo rousseauiano, da “buon selvaggio” e connessa tabula rasa. Oh quanti danni ha già fatto e fa questa teoria così cara al mondo radical chic à la vendolaboldrini! Siamo strutturalmente uguali nella generalità degli organi, ma irriducibilmente differenti per filogenesi, anche paragonando i gemelli monozigotici: infatti, oltre alla filogenesi che si rappresenta nella genetica, vi è anche un’ontogenesi e un’epigenetica che svolge il suo compito ad hoc. Che cosa hanno in comune mia figlia, che realisticamente studia qui in Italia per capire cosa fare da grande e le sue quasi coetanee Greta e Vanessa che vanno in Siria a aiutare chissà chi, si fanno rapire e poi costano l’ira di Dio per essere riscattate e poi, tornate, vogliono ripartire; oppure che cosa può condividere con quella tipa fanatizzata famiglia compresa, che starebbe già combattendo in Siria per chi? per che cosa? contro chi? in nome di chi?
Siamo diversi, e tra ognuno di noi e ogni altro vi è un abisso da colmare con il dialogo e l’ascolto, che non sempre è possibile, come nei casi sopra citati. Diversi, fratelli diversi, amici, nemici, capaci di qualsiasi nefandezza e di altrettanta generosità.
Non si tratta di rassegnarsi alla diversità, peraltro meritevole conquista socio-culturale del secondo femminismo, ma di ri-segnarsi (vero significato del “rassegnarsi”) alla diversità, considerandola e coltivandola per come è, non per come vorremmo che fosse: magari una diversità tutta tra diversi tipi di bontà, ché la cattiveria e la malignità sarebbe solo un frutto sociale. No e no: le strutture sociali, se in-eque, come è marxianamente noto, abbruttiscono e portano alla legittima rivolta, ma non sono i soli vettori causali del male, perché esso è contiguo, connesso, commesso, intrinseco, costitutivo dell’umano, checcché ne pensino i sociologisti politologi alla Gallino. Il male, per costoro, sarebbe sempre fuori di noi, sempre estrinseco, sempre eterodiretto dalle strutture sociali ingiuste, da regimi antidemocratici, da carenza di partecipazione, da limitazioni esterne… No, ché proprio nel loro ambiente, spesso accademicamente sussiegoso, si nascondono nelle pieghe del bon ton malignità inenarrabili, invidie e complotti, non sanguinosi come quelli dei neri incappucciati che bestemmiano il nome di Dio, ma intrisi di male, come ognuno di noi.
Infine, consideriamo il range dell’intelligenza, senza interpellare le ricerche di Binet e successive: è indubbio che anche qui vale la curva di Gauss, molto panciuta al centro e con brevi segmenti ai lati. Nella grande pancia sta proprio tutto, e alle estreme ancora tutto con maggiore raffinatezza e perfidia.
Questo è l’uomo, forse redento, forse redimibile, imperfetto, carogna, bello, dannato e salvo (speriamo).
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