filosofando tra i passi appenninici
Decido per la via romagnola, per andare al seminario filosofico di Poppi, e allora ecco il tortuoso passo dei Mandrioli, tra i calanchi stratificati, libro di milioni di anni che illustra l’Appennino, mentre al ritorno scelgo la Consuma, verso Firenze.
Caro lettore, ce la faccio, nonostante i miei limiti attuali. L’auto straordinaria, per agilità e potenza, mi aiuta. Lo spirito è libero, sono contento del seminario con i “nuovi” aspiranti al titolo di consulente filosofico. Ragioniamo insieme, costruiamo percorsi logici nella relazione, nell’ascolto.
L’albergo è sotto la collina dell’antico borgo, ha la piscina e scorci riposanti, il verde della piena estate prevale luminoso. La calura del luglio si stempera nottetempo nella modesta altitudine del Casentino.
Per ordine, da est a ovest, si incontra la deviazione per La Verna, poi per Camaldoli e infine per Vallombrosa. Lo spirito di Francesco, di san Romualdo e di san Giovanni Gualberto è nei boschi immensi e silenti che costeggiano la strada.
Tornare per indugiare in ciascuno di questi luoghi, mentre Nibali vince al Tour sulla montagna cattiva di La Toussuire, dandomi brividi. Ora è quarto in classifica: applicando la logica modale del “se”, (che a me non piace molto), che cosa avrebbe potuto fare senza le perdite nel vento di Zelanda e senza la caduta?
Vite possibili. Mentre scendo dall’antica montagna trovando 20° sull’Autosole appenninica e di nuovo 36 a Bologna, mi indigno dell’indignazione di Franceschini che si limita a deprecare l’assemblea sindacale di Pompei.
Il sindaco Marino si scusa con i romani per gli scioperi dell’Atac, quante traversie ancora nella disgraziata Roma. I sindacati dei trasporti di Roma e quelli di Pompei sono nemici feroci dell’Italia. Vergogna. Dove siete in vacanza signore Camusso e Furlan? State dormendo? Vi interessa? Sapete che cosa sta succedendo sotto i colpi di alcuni dei vostri irresponsabili quadri?
Migliaia di turisti che attendono sotto il sole feroce e beoti inqualificabili che traccheggiano a discutere del nulla in assemblea: democrazia beota, democrazia scema, democrazia di scemi e di cretini.
Vergogna, lo scrivo io qui, ma lì non si prova questo sano sentimento, è morta come la pietà, l’è morta anche la vergogna, ed è peggio ancora. L’uomo senza vergogna è più simile ai suoi simili primati, che non hanno bisogno della vergogna, perché non hanno bisogno di vergognarsi.
Bisogna arrivare al cambiamento, al dolore, alla fatica della precarietà, per cambiare. E si cambierà, alla faccia dei fatalisti e degli umani capaci di guardare solo il proprio ombelico.
A questo penso tornando dalla trasferta della scuola filosofica, dove con volenterosi intelligenti abbiamo discusso della possibilità che l’uomo non sia quello di Pompei.
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