la in-educación
Echeggio Almodovar per dire che l’ineducazione è diffusa, e lo sappiamo tutti, ma qualche volta riguarda persone che hanno ruoli importanti e, forse, si credono chissà chi, non distinguendosi talora dalle più becere.
Location: Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie di Maniago. Ospiti il gentilissimo Sindaco e l’Assessore alle attività produttive, convegno sul cambiamento radicale nel lavoro e nella sua distribuzione nel mondo: personaggi e interpreti, un economista dell’Università di Trieste, un filosofo-teologo (me medesimo), un’esperta di mercato del lavoro e alcuni testimoni aziendali di start up e co-working, nuovi modi e approcci al lavoro. Un lavoro che si complessifica e si spezzetta, si eleva e si qualifica sempre di più, richiedendo di nuovo le mani e la testa degli artefices rinascimentali (Michelagnolus docet), non più solo la subalternità e a volte la ripetitività dell’operaio massa industriale.
Arrivo in leggero ritardo dovuto agli indugi appenninici e alle code sulla Serenissima, ma in tempo per ascoltare buona parte dell’intervento “di saluto” (di venti minuti) della presidente regionale Serracchiani , intervento di cui non ricordo una parola, un concetto, ma solo un profluvio di frasi e l’accento romanesco.
Finito l’intervento della politica di professione, prende la parola il bravo professor Venier, che spiega con dovizia di dati i mega-trend tecnologici e socio-occupazionali in atto, dove si evince che non vi sarà più stretta correlazione tra sviluppo e occupazione, a causa dell’innovazione e dell’automazione sempre più spinta. I dati e diagrammi sono aggiornati e interessantissimi, ma, dopo neppure cinque minuti, la presidenta si alza e se ne va, per altri impegni. Un saluto rapido che interrompe Venier, e poi un frullare via dell’imponente personaggio.
Ineducata.
Sì, ineducata, non mal-educata, perché non conosco i suoi genitori. Ricordo che spesso i politici della Prima repubblica arrivavano in ritardo, forse per farsi notare (come insegnava Nanni Moretti), questi invece arrivano puntuali ma se ne vanno subito, non appena le cose che si dicono potrebbero proprio servirgli, perché, a differenza delle ovvietà rimasticate che proferiscono loro, sono fondate su ricerche serie e probanti.
Se avesse fatto lo stesso scherzetto a me che ho parlato dopo, non avrei rinunziato a chiederle dove dovesse andare per un impegno che le impediva di ascoltare le brave persone non incompetenti che si stavano sforzando, gratuitamente, di dire qualcosa di interessante a duecento artigiani.
Scrivo queste righe mentre Thibaut Pinot e Nairo Quintana volano leggeri verso l’Alpe di Huez, seguiti da Froome e dai grandi Contador e Nibali, ricordandomi altri voli favolosi, e il mio animo si rasserena, guardando la verità della fatica e la bellezza della verità contro la scontatezza di ogni dire per dire, tipico della politica.
Vive le Tour de France, luogo altissimo dello spirito.
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