motociclisti
in gioventù ebbi anch’io due ruote motorizzate, una vecchia Lambretta 150 che durò lo spazio di un’estate, trovata in un fienile e comprata per venticinquemila lire, e poi una HD Aermacchi 250 che durò due estati. Avevo allora 26 o 27 anni, il tempo e il morbìn (friulanismo per dire “picciola giovenil follia”) per qualche gitarella con le morose del tempo.
Poi più nulla, per scelta e per necessità. Preferii le due ruote da spingere con le gambe, e allora fu la prima bici da corsa in ferro, che mi è durata fino alla scorsa primavera. Forse con quella ho fatto 70 o 80mila chilometri, andando anche in Jugoslavia o in Veneto, gite di giornata.
Non nego che mi piacerebbe potermi permettere ancora una due ruote motorizzata, una Triumph, per esempio, o una Guzzi, che, nella mia ignoranza, mi hanno sempre affascinato.
Lasciam perdere, ché ho da pedalare sulla mia nuova Bottecchia d’alluminio, anche per il recupero completo del martoriato arto destro inferiore.
Qui però voglio dire altro. Non credo che le categorie umane si dividano per quoziente intellettivo (anche se vi sono studi socio-etno-antropologici in proposito) e pertanto alcune siano mediamente più o meno dotate di altre. Certo è che, specialmente d’estate, sembra che i motociclisti (alcuni di loro, ché i più son civilissimi!) appartengano alla parte sinistra della campana di Gauss, come diagramma decrescente dell’intelligenza, specie quando sfrecciano per le strade urbane ignorando ogni minimo pensiero di prudenza, e lordando l’etere con rumori insopportabili. E’ chiaro che per costoro è pura libidine sentire il rombo tremendo dei pistoni lanciati a mille, cavalcando un animale meccanico che dà senso di potenza e virilità… protesica. Ebbene sì, cari rumoristi senza educazione, la vitalità che esprimete è assolutamente artefatta, artificiale, meccanicistica, metallico-minerale, non vitale, carnale, sanguigna, erettile, erotico produttiva, no! Non illudetevi.
In realtà, quando sfrecciate rumoreggiando fino a far dolere i timpani, non si sa bene che cosa stiate inseguendo, forse la carota di un mèntore che voi pensate vi preceda, e invece, siccome è in moto con voi e ha messo la carota davanti al vostro naso, a un metro di distanza appesa a una lunga canna, non la raggiungerete mai (la carota), rischiando il bastone di una rovinosa, e a volte letale, caduta, e le maledizioni di tutti quelli che offendete con il vostro strazioso passaggio per le strade di questo mondo, e di questi paesini avvolti dall’estate.
Non so se devo usare il tono del rimprovero paterno un po’ docente, o la satira sarcastica che cerca una ragione del comportamento che tenete nel vostro quoziente intellettivo. Chi mi conosce sa che, in questi casi, vien meno il mio istinto pedagogico, peraltro naturale in millanta altre occasioni, ed emerge l’istinto acremente dis-fattorio. Non so se potete fare qualcosa per me, aiutandomi a far prevalere il primo istinto. E se vi interessa.
Altrimenti ite velocemente al diavolo nei dintorni fangosi della Città di Dite (VII Canto dell’Inferno), mentr’io mi godo il silenzio e i colori di questa calda estate, pedalando…
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