un sintagma (non un’endiadi) un po’ indecente: Ingrao vs. Salvini
La t-shirt su cui Salvini ha fatto scrivere “meglio bestia che Renzi” dice non poco dell’uomo che è, e del politico che vuol sembrare. Qualcuno potrebbe dire che oramai i linguaggi spinti o maleducati fanno parte del paesaggio e del dibattito politico sempre più fortemente mediatizzato, al fine di colpire (come si dice grezzamente) la “pancia” del pubblico, che poi sarebbero i cittadini-elettori, ma mi pare che alcuni limiti di buon gusto e buon senso dovrebbero essere rispettati, o no?
Il linguaggio da bar sport, o, meglio, da trivio, oramai deborda in molti luoghi. Che tristezza!
Scelgo di parlare qui di Salvini e anche di Ingrao, mancato l’altrieri a cento anni (era coetaneo di mio papà Pietro), a costo di scandalizzare qualcuno.
Una domanda ingenua: avrebbe mai Ingrao usato il modo di Salvini per criticare, denigrare o insultare un avversario politico? Giammai, si usava dire, anzi: Ingrao non ha mai denigrato o insultato gli avversari politici, ma solo criticati, avendo lui esercitato la critica e il giudizio come metodo, anche all’interno del partito nel quale ha militato per mezzo secolo. Non serve qui riportare la ricca biografia dell’esponente comunista, troppo nota e onorevole: basti ricordare la sua pervicace volontà di discutere, di confrontarsi, la sua capacità di scusarsi, da militante anche non privo di contraddizioni (ad esempio, dopo l’adesione ideologica e politica all’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956), la sua disponibilità ad ascoltare tesi differenti e contrastanti con la sua. Un uomo colto e gentile.
Ingrao e Salvini sono due personaggi politici estremi, o ciascuno dei due, rispettivamente, rappresenta abbastanza la media del personale politico di un tempo e quello di oggi? La risposta non è semplice e richiede un approfondimento.
Certamente i politici di qualche decennio fa avevano a disposizione una “scuola” di tutto rispetto: se pensiamo a Nenni, De Gasperi, Togliatti, Fanfani, Pertini, Berlinguer, Moro, Saragat, ma anche Malagodi e Almirante e, perché no, Giolitti, don Sturzo e Benito stesso, constatiamo come tutti abbiano avuto la possibilità di istruirsi politicamente facendo una “gavetta” lunga e faticosa, partendo dal lavoro di base, di sezione, in paese, imparando il mestiere dai loro maestri e anche dagli avversari politici.
Questi qua, invece, non solo Salvini, è evidente, sono figli della società dell’informazione, per cui, ottenuta una comparsata, anche breve, in un talk show vel similia, è fatta, per un primo lancio nella notorietà plastificata della televisione o del web. La Serracchiani stessa, oggi assurta a notorietà nazionale. è “nata” per (preposizione di mezzo) il video di un suo intervento alla direzione del PD, consule Uolter Veltroni (ablativo assoluto), apparso su You Tube, e di lì in discesa a novanta all’ora in bici. Che cosa valgano le Boschi e le Carfagna è tutto da dimostrare. Della Boldrini e dell’attuale sindaco di Roma (ahilui e il viaggio in America con il papa! che figura!) ho in questo sito parlato fin troppo, e non in modo lusinghiero.
Altro esempio: all’inizio i 5Stars facevano pena in video (ricordo una inascoltabile Lombardi), poi hanno un po’ imparato, e dei garbati-bellini come Di Maio e Di Battista oggi sono molto popolari, tant’è che i loro guru grillocasaleggio stanno scomparendo.
Emergono persone che, di per sé, probabilmente valgono assai poco, culturalmente e politicamente, ma sono funzionali a certi processi mediatico-politici, oppure di mero potere; a volte (anzi quasi sempre), ascoltando questi tipi nei talk show viene da pensare che non conoscano neppure l’argomento di cui discettano, ma si esprimano per slogan o per “posizioni di parte” precostituite negli organismi del loro partito. Poche volte un politico attuale mi dà la sensazione di conoscere bene ciò di cui parla, specialmente quando si affrontano temi di etica generale o particolare (sociale, della vita umana, etc.), e tale sensazione è accentuata se si tratta di consiglieri regionali o giù di lì. Eppure sono persone che guadagnano diecimila euro al mese o di più, come l’amministratore delegato di una media azienda con cinquecento dipendenti e cento milioni di fatturato.
Pietro Ingrao non faceva parte di questo novero di mediocri, Salvini sì. Se il primo costituisca esempio medio dei politici di un tempo vien da pensarlo, forse anche accentuando il suo valore; se il secondo sia a metà via tra i politici attuali, altrettanto, ma senza accentuare alcun valore.
La situazione qualitativa della politica attuale è critica, e non poco, e dà da pensare. Verrebbe da dire ai ventenni: datevi da fare analizzando bene tutto e proponendovi: è il vostro tempo!
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