Misantropo e solidale nel contempo
come non pochi umani mi sento un po’ misantropo e anche solidale, con diverso sentimento. Talora veramente mi par di odiare l’uman genere, per la sua codardia diffusa, l’arroganza proterva e prepotente assai presente, per l’egoismo e la doppiezza menzognera che riesco a leggere sui volti e nei micromovimenti. E anche nelle strategie di dominio, o “marca del territorio” a guisa di cani e di somari, e financo di esercizio del potere come libido potestatis. Se il libero arbitrio non avesse senso e niuna realtà, potrei provare solo pietà per chi crede di decidere e invece è deciso da una sorte, un destino, un fato e, nel miglior dei casi, da una divina Provvidenza, che lo preordina e lo indirizza senza possibilità di replica. Oh Spinoza, fosse vero questo tuo asserto vi sarebbe la scusa per abbandonare ogni velleità di declinazione etica e di diritto penale; ma tu stesso hai scritto un’Ethica more geometrico demonstrata, e dunque una certa possibilità di scelta l’hai lasciata ai tuoi, ai miei simili, a te e a me stesso. E così Sant’Agostino.
Talaltra l’amo (quest’uomo e umano genere) e provo una sincera partecipazione alla sua vita, al punto che vi dedico, sulle orme eccellenti di mio padre, gran parte dei miei sforzi, soprattutto nel campo del lavoro. Aiutare le persone a trovare un lavoro dignitoso e stabile è uno dei compiti che sento più miei, e la soddisfazione quando ci riesco è come se avessi ottenuto un qualcosa per me stesso.
Solidale quindi, senza aspettarmi nulla, nemmeno gratitudine, la cui mancanza, tuttalpiù mi fa rimaner male per un momento, ma poi mi passa nella dimenticanza. L’importante è l’atto e il fatto positivo.
Epperò ho bisogno spesso di silenzio, di star solo, di perdermi per le infinite strade che portano lontano dalle case, dai rumori, ho bisogno di star solo a meditare, a leggere, ad ascoltare il remoto mormorio della pioggia che verrà, e la musica che sta dentro la pioggia quando viene. Ho bisogno del fresco frusciare delle acque di sorgente delle terre mie, il loro eterno scorrere verso il destino loro e il mio.
Ho bisogno delle alte cime dei monti, dei sentieri impervi da percorrere anche in solitudine o in piccola e selezionata compagnia. Ho bisogno di quei cieli dall’azzurrità quasi insopportabile, di quei boschi scuri, di quei rumori, di quei voli altissimi dell’aquila, che porta i miei pensieri e la fatica dell’incedere.
Oppure di uscire con la bicicletta che permette inusitate lontananze, con il suo fruscio, lo sguardo che si perde all’orizzonte, odori e fremiti di vento, e lontani scampanii di festa.
Ho bisogno di percorrere le strade strette di città turrite, antiche, dopo la sera quando annotta, per non incontrar nessuno, o quasi, e poi di ritirarmi nell’ostello per dormire, lontano dal frastuoni del mondo degli umani.
Ho bisogno di frequentare i cimiteri, specie quelli più aviti, di montagna o discosti dei piccoli villaggi planiziali, leggere i nomi, guardare le foto e incontrar coloro che se ne sono andati nelle epigrafi struggenti di retoriche espressioni.
Solidale e misantropo al contempo, questo sono: amo e non amo l’uomo, come Benedetti Michelangeli e qualche altro che conosco, magari il vecchio amico Mario, che con il passar degli anni è diventato più sapiente, e più amaramente uomo.
Misantropo e solidale, questo sono, politicamente scorrettissimo, e diffido chiunque dal pietirmi se col tempo magari zoppicherò; ordino loro fin da ora di chiamarmi zoppo, non “diversamente abile”, oppure paralitico come ero tre mesi fa per il disastro ginocchiesco!
Non ci sono “diversamente abili” per intender sordi muti ciechi e zoppi, ma, come dice il mio amico Beppe Liani, se così fosse, si dovrebbe dire degli stupidi “diversamente intelligenti”, e dei perfidi “diversamente buoni”: così sarebbero contenti Vendola e Boldrini, ma tale stupidità aumenterebbe la mia misantropia, e non è il caso.
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