si tratta della fine o dell’inizio?
… che cos’ la morte? E’ l’inizio o la fine? Di che cosa, della vita, della consapevolezza, della relazione, del mondo?
Molti pensano sia la fine di tutto, ma ne siamo proprio sicuri? Tutti ne parlano, e non pochi ne hanno scritto. Tra questi , presso BE Edizioni, il pastore inglese Marcus Nodder. Ecco un passaggio:
“Una situazione che accomuna tutti gli esseri viventi, un argomento su cui hanno discusso e riflettuto tutti i filosofi, una sfida per la scienza, un
tema ricorrente nella letteratura, nell’arte, nel cinema: la morte è tutto questo, e molto altro. Di fronte alla morte l’essere umano si ferma e si
interroga, consapevole di un destino che, presto o tardi, lo riguarderà. E, a seconda della propria fede e delle convinzioni personali, affronta il
pensiero con approcci diversi: serenità, rassegnazione, rabbia, terrore.
Nonostante le promesse collegate alla fede cristiana, la morte resta un tema difficile da trattare anche sul piano teologico e dottrinale per le
intense reazioni che provoca: per questo è da apprezzare Cosa accadrà quando morirò?”
Nodder parla del tema senza remore: considera il lutto, la mancanza di chi se ne va, gli aspetti spirituali, riferendosi alla Bibbia e alla tradizione cristiana. Dopo la morte è finito tutto o si sarà in compagnia del Divino di Dio? In ogni caso, come insegnava Epicuro non dobbiamo temere la morte che ci raggiunge mentre ce ne andiamo e quindi non ci afferra, così come siamo.
Quando si è giovani non ci si pensa, la si guarda di lontano, poi la si incontra per interposta persona, la morte. Vengono pian piano a mancare i nonni e poi i genitori, ogni tanto si apprende della morte di un giovane, malattia che non perdona o schianto, più o meno consapevole.
E poi il tempo va e passa, almeno per il nostro corpo fisico, ché in assoluto non sappiamo: pare infatti che, se potessimo viaggiare alla velocità della luce, o ci potessimo porre sull’orizzonte degli eventi, il nostro “invecchiamento” si sospenderebbe, ed è pur vero che in cima al monte il tempo scorre men veloce che in pianura. Mah.
Ci si trova, senza accorgercene, in età, come si dice, e si considera le generazioni successive, ormai adulte e curiose di futuro. Ogni tanto, di già, scompare un coetaneo, e il pensiero di un segmento temporale meno lungo ci coglie, ma senza tristezza, quasi con delicatezza.
E allora che pensare? Ci basta la speranza, da un lato di lasciar qualcosa, un ricordo buono qui, o di un convito eterno, di un’anima immortale? So e non so se questa ipotesi è bastevole, ma è da porsi, come un qualcosa di ragionevole, come un cammino, come un nuovo inizio, forse, da altre parti no, ma in altro stato.
Dell’essere.
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