Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

melanconia furlana

photo2Caro lettor decembrino,

quando viene la stagione delle nuvole basse, o delle nebbie alte, quando il silenzio cala sulle strade e sui villaggi sparsi, è bello muoversi, a piedi, in bicicletta, in auto, disegnando itinerari sempre più distanti da casa.  Viene il tempo della memoria.

A piedi percorri vie strette e indovini cortili dietro muraglie, luci di interni, voci, famiglie che preparano la cena, intuendo sogni e speranze, e vai avanti distratto da una tromba che suona, o dal grido di un bimbo.

Se inforchi la bicicletta vai verso orizzonti inusitati, per colline e paesoni addormentati, per campagne sconfinate, vedi gli ultimi colori dell’autunno, senti gli odori, osservi le foglie voltolate e ausculti, nelle bave di vento che ti affaticano, il  ritmo cardiaco, cogli il lavorio del sangue, senti la vita come un vivente qualsiasi, auto rare sfreccianti verso la curva immersa nella nebbiolina cangiante…

A volte ti appare l’ospedale immenso dove lavorano persone grandi, che conosci e ammiri, in mezzo al silenzioso dolore di molti umani, come me e come te, caro lettore. Non abbiamo diritto di lamentarci noi che camminiamo, pedaliamo e giriamo in auto, nelle lontananze, mentre il dolore lacera, mentre la speranza vacilla in molti cuori e dalle viscere profonde esce la domanda “perché questo male?”, umanissima e sbagliata, struggente e smarrita. Lodiamo, noi, in silenzio, l’Onnipotente e Misericordioso Iddio.

In auto puoi andare lontano, anche molto, ma restando (o forse no) dentro la cerchia delle selvagge montagne settentrionali dove incontri misteriosi villaggi, e fiumi, e vedi campanili all’orizzonte. Là puoi imparare la distanza della notte. Presto mi muoverò per andare nella valle dei Tramonti, a parlare di un libro antico, e ricorderò viaggiando il viaggio a Santo Pietroburgo di tant’anni fa, la Nevskij Prospekt e la nostalgia di Gerusalemme, mai vista, finora… e la vedrò.

Torna “l’inquieto ricordo fra in resti di un sogno raccolto” (De Andrè). E il pensiero di ciò che vivo ora, delle persone che mi conoscono e sono sconosciute, come ognuno di noi.

Immagini memori appaiono e cuori e viscere (ruhamin, la misericordia!) in questo oscuro dicembre dell’anno Domini 2015. Come poter rendere “umano” ciò che umano-non-è in questo tempo di confuse tensioni di bombe e omicidi? Come trovare il bandolo del convivere senza prevalere? Come trovare (inventare) ragioni di comprensione tra lontananze? Come trovare spazi per il pentimento e la vergogna, sentimenti abbandonati da tempo? Come fare spazio all’amor Dei universalis, all’eros che vive in ogni sguardo, e si fa, se ascoltato, amore di benevolenza?

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