Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

dall’Homo Oeconomicus all’Homo (veramente) Sapiens

paperon de paperoniSu questo tema scomoderò di seguito Karl Marx (Manifesto del Partito Comunista, 113), Max Weber (cf. L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo, BUR, Milano 1994, 240) e Antonio Gramsci (cf. Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 2014, 1254.1331) per parlarne più avanti, non dimenticando i classici economisti inglesi che hanno in qualche modo coniato e promosso il primo termine del titolo, come Adam Smith, Jeremy Bentham e John Stuart Mill.

Marx pone al centro della sua ricerca socio-economica, con grande merito, la dimensione del rapporto tra capitale e lavoro, ipotizzando un cambiamento radicale dei rapporti di forza tra le classi rappresentative dei due ambiti, fino alla vittoria di quella lavoratrice. I suoi emuli non sono riusciti a realizzare il progetto, che è rimasto nell’ambito utopico, ma alcune intuizioni marxiane si sono rivelate profetiche, come quella delle crisi periodiche del sistema capitalistico, da eccesso di produzione o di finanziarizzazione. Egli, però, pecca di visione antropologica, in quanto, seguendo Hegel, immagina la possibilità di costruire “dialetticamente” e rapidamente una sorta di Homo Novus sulle spoglie dell’Oeconomicus. I tempi e le derive paleoantropologiche sono invece ben diversi e molto più lunghi di quanto immaginava il filosofo di Treviri.

Un marxista anomalo come Ernesto Guevara era invece più convinto che la rivoluzione dovesse partire dall’interiorità, dal pensiero e dal sentimento degli umani, sulle tracce di un inestinguibile sfondo cristiano (la conversione del cuore evangelica e paolina).

Max Weber ha collegato lo sviluppo del capitalismo alla concezione  protestante, in specie calvinista, ma sottolineando come occorra coniugare le esigenze dell’economia con il principio di responsabilità, che è proporzionato alla qualità e al ruolo/ posizione delle leadership espresse ed operanti in concreto. In altre parole: va bene il guadagno e la redditività d’impresa, ma senza trascurare il bene sociale che le ricchezze prodotte costituiscono.

Antonio Gramsci è stato un marxista eretico, come Guevara, e sapeva bene che non si può nullificare l’individuo decidente, in nome di un generico proletariato internazionale: l’uomo ha bisogno di identificarsi in qualcosa che gli appartiene come le tradizioni della propria terra, la propria lingua e la propria cultura. L’Homo Oeconomicus non può non essere anche Civicus e Solidalis.

Oggi occorre una trasformazione radicale, da promuovere innanzitutto con la cultura e l’educazione, affinché l’Homo Oeconomicus diventi anche Reciprocus et Reciprocans, Homo empathicus et curans (cf. Max Scheler e Martin Heidegger in S. Caruso, Homo oeconomicus. Paradigma, critiche, revisioni, Firenze University Press, Firenze 2012, XIII), pena la sua fine prossima ventura, dovuta all’egoismo di pochissimi, avidi, cùpidi, improvvidi e poco evoluti esseri umani (Cf. anche le Encicliche Laborem exercens di Giovanni Paolo II, Caritas in Veritate di Benedetto XVI e Evangelii gaudium di Francesco).

Homo  solum oeconomicus et Homo solum emptor sub limite propriae potentiae semper sunt, cioè l’uomo solo economico e l’uomo solo compratore stanno sempre sotto il limite delle proprie possibilità.

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