umorismo sapienziale
Non ho un gran senso dell’umorismo, lettor mio caro, anzi Bea mi “accusa” di averne punto, fors’anche perché possiedo un temperamento malinconico, spiegherebbe un medico del Settecento, o forse sono un poco maniaco-depressivo, chioserebbe il dottor Freud.
Raramente rido e mai a crepapelle, come sento e vedo riescono alcuni (che mi danno anche fastidio). Poi ci sono quelli che ridono in modo isterico-forzato, magari per compiacere l’interlocutore: una sorta di (per me) fastidioso marketing relazionale. Mi è difficile ridere e anche i film comico-umoristici, salvo alcuni di Mario Monicelli e Woody Allen, non mi smuovono più di tanto.
Piuttosto mi prendono i motti di spirito, l’umorismo classico, quello di aforisti moderni come Karl Kraus o della tradizione ebraica yddish. Qualche giorno fa ho sentito due storielle che mi son piaciute, non solo perché mi hanno fatto sor…ridere, ma anche perché politicamente scorrettissime, e quindi istruttive per i buonisti che imperversano, e sono numerosi, troppo, nella mia area politica, la sinistra. Eccotele, caro lettore.
1a. In un pub newjorkese si incontrano Stevie Wonder e Ray Charles, e il primo, offrendo da bere al suo maestro dice: “Pensa Ray, se avessimo la sfiga di essere anche negri...”
…
2a. In un lussuoso Hotel, fate voi, di Umago, Cannes o Positano, villeggiano un bimbo settenne, il suo papà naturale che nel frattempo ha scoperto di essere omosessuale, e quindi, lasciata la moglie, si è unito a un compagno, che è lì con loro in vacanza. Nuotano beatamente in piscina e, a un certo punto, il bimbo esce e il papà (naturale, anzi vero) lo segue ma, sfortunatamente gli scende il pantaloncino, il figlioletto si gira ed esclama: “ma che pisellone hai, papà“, e il padre, “eh eh, niente di che, vedessi quello di tua madre!”, indicando il compagno.
Che dire?
Io null’altro che obbligherei a queste letture, terapeuticamente, tutti quelli e quelle (in testa la presidenta della Camera) che pensano la diversità radicale (in pari dignità) esistente tra etero ed omosessuali in termini di diritti indiscriminati, i quali rischiano, proprio quelli, di essere contro natura. Un esempio: come si fa a dire che una coppia eterosessuale feconda è uguale in tutto e per tutto a una coppia omosessuale infeconda? Ma stiamo impazzendo? Le due coppie hanno la stessa dignità, ma sono diverse, come è diverso il maschio dalla femmina, in natura, e con maggiore evidenza nei mammiferi umani, dimorfici e complementari.
Bisogna smettere di confondere i diritti con la modalità naturale di trasmissione della vita, e distinguere rigorosamente tra i diritti, specie tra i diritti connessi al mutuo soccorso e alla civilistica sanitaria, socio-assistenziale e pensionistica e i diritti connessi alla procreazione e all’adozione. La deriva di una confusione dei termini porta diritta all’abominio degli uteri in affitto che scambiano il dono con un diritto il quale, filosoficamente, eticamente e giuridicamente, tale non è, ma è piuttosto la fase di marketing di un possibile turpe business.
Occorre recuperare la ragione e, insieme, come supporto morale, il sentimento della vergogna.
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