figurine
Caro lettor domenicale, figurine certo
…ma non quelle Panini di Gianni Rivera, Sandrino Mazzola, Giacomino Bulgarelli, Mario Corso e l’introvabile Pierluigi Pizzaballa, il gran portiere dell’Atalanta anni ’60, quelle dei politici attuali.
Parto dal numero uno. A me Renzi non piace: non mi piace il suo modo di porsi, di dare la mano guardando da un’altra parte, il suo linguaggio mediatico, le sue fissazioni, le sue posture, l’andatura e la fisiognomica, la sua sbrigatività frettolosa, quasi enfasi di un’efficienza tutta da mostrare; a stento potrei mangiare una pizza con lui. Ciononostante me lo tengo, perché almeno fa qualcosa, a differenza dei suoi penosissimi predecessori (Monti e Letta), compreso Berlusconi, oramai paralizzato dalla sua propria “figurina”.
Ora vediamo un po’ a destra e un po’ a sinistra e al centro, o in giro per di qua e per di là. A sinistra, si fa per modo di dire, osservo l’inutile piglio severo di Fassina, che quando minaccia qualcosa, suscita un breve, brevissimo moto di ilarità, e altrettanto Civati, con il suo inutile sorrisetto adatto alle trasmissioni di Fazio, e il non poco risibile nome del suo movimento “possibile”, su cui io giocherei metafisicamente: possibile, ma difficilmente attuale. Vendola: come i due sopra citati, è probabile che non abbia un’idea, neppur pallida, di come funzionano le cose, in economia e nella società: venditore di fumo a tempo pieno. La Boldrini, ché va annoverata da queste parti: da caporal maggiore dell’Onu, lì è rimasta et de qua satis.
Non so se sono a sinistra o sinistrati, due per tutti i grillini, inascoltabili e inguardabili, la Lombardi e Casaleggio, mi sfugge il nome di un senatore, ah è tale Crimi. Carini e nulla più, spero, Fico (nomen omen) e Di Maio. Nati ieri, bambini di oggi.
A destra: innanzitutto tre o quattro inascoltabili e inguardabili come Brunetta, Salvini, la Meloni e Gasparri.
Lascio stare le melensaggini centriste di Casini, graziaddio finalmente un poco sparito, e Alfano.
Mi piacerebbe chiedere a costoro, a tutti, se calare un poco le tasse in Italia, specialmente quelle sul lavoro, è una scelta politica di destra o di sinistra, oppure se è solo, e non è poco, una cosa equa ed opportuna; se mettere i pubblici dipendenti sotto un’egida contrattuale privatistica (tipo metalmeccanici o edili) è una cosa di destra o di sinistra, oppure se è solo, e non è poco, una scelta equa ed opportuna; se impedire lo sfascio corporativo nella gestione dei beni culturali è una cosa di destra o di sinistra, ovvero è solo, e non è poco, una scelta lungimirante e intelligente; se rendere uniformi ed equi i sistemi pensionistici, tagliando le unghie ai privilegiati, è cosa di destra o di sinistra, oppure se è solo, e non è poco, indispensabile; se non indulgere in un buonismo di maniera, così come è illustrato dal lessico politically correct, è di destra o di sinistra, oppure è, e non è poco, una sana terapia per evitare la coglionaggine. In proposito pare che dei cretini, o imbecilli, o minus habens, abbiano proposto di emendare i dialoghi di Via col vento e de La conquista (ecco il termine incriminato da lor buoni e puri e fraternamente solidali, ma va!) del West.
A Fassina e a Brunetta (socialista pentito, come molti anche dalle mie parti, voltagabbana impenitenti) chiederei se lo schema destra/ sinistra derivante dalla Rivoluzione Francese e dalla Seconda Internazionale, regge politologicamente ancora, o deve essere un poco rivisto alla luce della, se pur imperfetta, attuazione del liberalismo, della democrazia rappresentativa, e del welfare state. Forse oggi sinistra e destra si declinano in modo un po’ diverso dagli schemi classici.
Voterò PD, non avendo a disposizione il partito socialista, laico, moderato e riformista di Turati e Matteotti, non perché sia qualcosa di entusiasmante, ma perché è, nonostante tutto, un partito meno malato degli altri. Scelgo il male minore, come insegnava Tommaso d’Aquino.
Ah, dimenticavo, citati i leader (che ridere!) nazionali, i loro emuli locali si distinguono per essere, forse esattamente nella medesima proporzione, delle povere e talora imbarazzanti figurine.
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