Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

In tema di maternità surrogata

maternitaCaro lettore,

pur non condividendo tutte le battaglie che questo medico prestato alla politica porta avanti, mi sembra che questa sua interrogazione al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, meriti attenzione, e mi va di pubblicarla in buona parte.

on. Gianluigi Gigli — Al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che: nella maternità surrogata si chiede a una donna di portare in grembo un bambino, per poi darlo via appena nato. Le si chiede anche di mutare il suo  comportamento e di rischiare di diventare poi sterile; di accettare le eventuali patologie legate allo stato di gravidanza, potenzialmente anche molto pericolose e talora mortali. La donna deve mettere a disposizione il suo metabolismo per il desiderio di genitorialità di altre persone, dalle quali è usata come un contenitore e un’incubatrice; a tutto questo si aggiungono una serie di scandali che hanno segnato la storia della maternità surrogata fin dai primi anni del suo impiego commerciale alla fine degli anni ’70, trovando larga eco sugli organi di stampa; il primo risale addirittura al 1986, quando dopo la nascita di «Baby M», la madre surrogata cambiò idea e fece di tutto per tenersi la sua bambina, fino a che, in lacrime, essa non le fu tolta dall’autorità giudiziaria; nel 2014 è venuto alla luce il caso di un miliardario giapponese che, per ragioni ancora sconosciute, ha comprato la disponibilità di numerose donne delle bidonville thailandesi, mettendo al mondo grazie ad esse ben 16 bambini; di recente si è registrato il caso della madre surrogata americana morta per complicazioni legate alla gravidanza; grande scalpore ha fatto il caso del bambino venuto alla luce in Thailandia su commissione di una coppia statunitense che lo rifiutò dopo aver constatato che era affetto da sindrome di Down. Il bambino fu accolto nonostante tutto dalla poverissima madre, incapace di sopprimere la creatura che aveva portato in grembo, malgrado non ne fosse la madre biologica; sono state oggetto di inchieste giornalistiche anche alcune vere e proprie industrie asiatiche per la produzione di bambini, all’interno delle quali le donne, che per povertà avevano sottoscritto i contratti per affittare il loro utero, vivevano in un regime di tipo quasi reclusorio, giustificato dalla necessità di controlli sanitari, che includevano anche la soluzione abortiva in house in caso di prodotto difettoso; nell’insieme ne esce un quadro terrificante di sfruttamento e abuso; (…); nella maternità surrogata la vita umana è ridotta a oggetto di consumo; i sostenitori della pratica ne rivendicano peraltro il possibile uso altruistico: almeno nei casi in cui non vi è transazione di denaro non vi sarebbe sfruttamento, ma piuttosto generosità per un amico o un congiunto; purtroppo, come rilevato da una recente inchiesta ufficiale del Parlamento svedese, non vi sono prove che la legalizzazione della maternità surrogata «altruistica» legalising porterebbe a una chiara separazione da quella commerciale; piuttosto, l’esperienza internazionale dimostra il contrario. Sono proprio i cittadini di Stati in cui la maternità surrogata è ammessa e diffusa, per esempio, a costituire i maggiori acquirenti stranieri in India e Nepal, per evidenti ragioni di convenienza economica. L’inchiesta svedese, peraltro, mostra come forme di pagamento in nero si verifichino anche nello stesso Regno Unito; del resto ci si chiede, perché mai, se non per denaro, una donna dovrebbe sottoporsi a tutto lo stress e i rischi che necessariamente comporta la gravidanza; in realtà, nella cosiddetta gestazione altruistica, la donna va incontro alle stesse cose della maternità surrogata a fini commerciali, ricevendone in cambio solo un’aura di benemerenza morale, un compenso troppo basso e che può risultare attrattivo solo in quelle società in cui le donne sono apprezzate esclusivamente per la loro capacità di sacrificio e non già per i loro successi; in Italia la maternità surrogata è vietata dalla legge n. 40 del 2004 (articolo 12) (…); fortunatamente l’opposizione alla maternità surrogata sta crescendo in tutta Europa. Di recente il Parlamento europeo ne ha chiesto la messa al bando e due settimane fa la commissione d’inchiesta governativa svedese ha chiesto al Parlamento non solo di bandire la pratica dell’utero in affitto in patria, ma anche di adottare misure che impediscano ai cittadini svedesi di servirsi di essa in altri Paesi; anche dal punto di vista culturale l’opposizione a questa pratica di sfruttamento del corpo femminile sta crescendo; inizialmente diviso su questo tema, il movimento femminista lo sta ora mettendo in cima alla sua agenda; all’inizio di febbraio 2016 femministe e attivisti per i diritti umani provenienti da tutto il mondo si sono riuniti a Parigi, firmando solennemente una carta in cui si chiede la messa al bando internazionale della maternità surrogata; anche nell’ambito della cultura marxista stanno levandosi voci significative contro l’affitto dell’utero femminile, tra esse quelle di Mario Tronti, Giuseppe Vacca, Marco Rizzo, Diego Fusaro, (e Giorgio Napolitano, Pierluigi Bersani, ndr); malgrado ogni tentativo di far passare un messaggio da famiglia felice, nel quale si sono distinti personaggio come Elton John, resta giustamente nell’opinione pubblica l’idea odiosa di un’industria in cui sia possibile vendere e comprare bambini, di una società in cui i bambini siano prodotti dalle donne in difficoltà, soprattutto dei Paesi poveri, per soddisfare i desideri delle società più agiate; in un mondo occidentale in cui, anche per le difficoltà economiche che gravano sulle famiglie, è sempre più difficile fare figli, la madre perde il diritto anche ad essere chiamata mamma, costretta a sottoporsi totalmente alle esigenze del mercato, mentre, per chi può permetterselo, la «produzione» dei figli è appaltata in outsourcing, secondo criteri di convenienza industriale; resta tuttavia la sorpresa ed il disgusto nel constatare con quale facilità sia ignorata la Convenzione Onu sui diritti del bambino: ufficialmente nessun Paese permette la vendita di esseri umani, ma sembra che a nessuno importi della vendita di bambini, ammantata anzi di un alone di modernità e bellezza grazie al fatto che a servirsene sono soprattutto personaggi famosi, immortalati sui rotocalchi e nei telegiornali insieme ai neonati sottratti alle loro madri; è questo il caso anche di parlamentari italiani e di noti leader di formazioni politiche; India e Thailandia stanno portando avanti importanti azioni di contenimento di questo turpe commercio e non vogliono più che le loro donne vengano messe a lavorare in condizioni di sfruttamento nell’industria dei bambini; è tempo dunque che anche i Paesi occidentali, dai quali partono i ricchi compratori, si assumano le loro responsabilità ponendo in atto iniziative e leggi per scoraggiare la domanda; anche l’Italia è chiamata a fare la sua parte, essendo moralmente inaccettabile che il divieto di questa pratica possa essere aggirato grazie all’impossibilità di sanzionarlo se la maternità surrogata è eseguita all’estero; (…), e se il Governo intenda porre in atto con urgenza per far sì che il divieto previsto dalla legge n. 40 del 2004 possa essere perseguito anche se la maternità surrogata sia realizzata all’estero.

L’uso dell’argomentazione, come spesso sottolineo in questo sito, è molto rara nella comunicazione odierna. I più preferiscono scantonare nella militanza per partito preso, per cui, se uno è favorevole all’eutanasia è anche favorevole alla maternità surrogata, quasi che qualsiasi “diritto” faccia in qualche modo parte del medesimo contesto teoretico, logico ed etico. Una sorta di omogenizzazione  radicaloide, che nulla ha a che vedere con la cultura classica del liberalismo di sinistra. Divorzio, aborto, eterologa, eutanasia, utero in affitto, anche se edulcorato nel sintagma “maternità surrogata”, ma restando indicibile turpitudine, tutto insieme allegramente. Mentre invece non può essere così, semplicemente perché la ragione umana funziona in modo diverso, basandosi, se si è intellettualmente onesti, su una logica stringente. Se la possibilità di divorziare è stata prevista, così come quella di abortire in determinate condizioni, non è detto che gli altri titoli sopra elencati siano semplicemente dei corollari.

Non mi sembra che vi sia qui molto da aggiungere.

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