Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Al di là del tempo

Delphine SeyrigVi sono momenti in cui si percepisce l’eternità, specialmente se si sta in ascolto delle cose, nel fondo dell’anima. Ed è una dimensione essenzialmente metafisica, come in certi quadri di Magritte o di De Chirico

Possono essere anche canzoni, o un film visto di primo mattino. E’ capitato stamani, che mi son messo a guardare, ripacificato con me stesso e con il mondo dalla dies dominica. Davano un classico del ’61, premiato a Venezia, con un Albertazzi forse trentenne, e Delphine Seyrig, algida e fulgente di distanza, una Audrey Hepburn all’ennesima potenza simbolica, persi in un grande parco e una residenza barocca, un albergo a Marienbad, nei loro sogni o supposti tali, film lentissimo e sfuggente, come una serie di istantanee infinita, in bianco e nero, di Alain Resnais. Ecco, il loro fluire nel racconto era senza tempo, immemore di un passato che ebbe o non ebbe realtà, o forse solo nei loro (o di lui/ lei) sogni; un essere/ non essere metafisico, e quindi escludente, parmenideo, oppure solo logico, e pertanto possibile: infatti se in metafisica non si dà il nulla, o il ni-ente (il non-ente e quindi non-essente), in logica il nulla si dà, come insegna Hegel, perché il reale è razionale e viceversa, e quindi l’essere è il nulla quando è negazione di sé-come-altro (e Sartre scrisse nel 1943 L’essere e il nulla). L’anno scorso a Marienbad. Se per Aristotele e Tommaso d’Aquino, Giorgio Albertazzi e la Seyrig si sono effettivamente incontrati l’anno precedente a Marienbad, in assoluto, e non solo per loro, è vero, ma solo in questo caso, mentre per Hegel è più importante e decisivo che possano averlo anche solo pensato. Infatti, in un certo senso il pensiero, l’immaginazione i sogni stessi sono realissimi, e quindi razionali, anche se talora non corrispondono alla realtà effettuale. Se accettiamo i due punti di vista filosofici, hanno ragione, sia Aristotele e Tommaso, sia Hegel. Il film di Resnais è più hegeliano che aristotelico-tomista, con un pizzico di Nietzsche, quando si pone il tema del ritorno… sui propri passi, del deja vu, della circolarità eterna del tempo.

Ieri, poi, nell’indugio impostomi dalla convalescenza biomeccanica di un arto, canzoni gucciniane, dove il vecchio professore di italiano più si rende consentaneo al mio sentire: ballate della sua arte mentr’era a metà circa del cammino: Amerigo e Cyrano. Almeno due passaggi…, di Amerigo gli ultimi quattro versi

“(…) Quand’io l’ho conosciuto, o inizio a ricordarlo, era già vecchio/ sprezzante con i giovani, gli scivolavo accanto senza afferrarlo/ e non capivo che quell’uomo era il mio volto, era il mio specchio/ finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per rincontrarlo.”

…mentre di Cyrano, quasi il finale

“(…) Venite gente vuota, facciamola finita,/ voi preti che vendete a tutti un’ altra vita;/ se c’è, come voi dite, un Dio nell’ infinito,/ guardatevi nel cuore, l’ avete già tradito/ e voi materialisti, col vostro chiodo fisso,/ che Dio è morto e l’ uomo è solo in questo abisso,/ le verità cercate per terra, da maiali,/ tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali;/ tornate a casa nani, levatevi davanti,/ per la mia rabbia enorme mi servono giganti./ Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco/ e al fin della licenza io non perdono e tocco,/ (…) 

Perché un film e due canzoni, in queste giornate di prima primavera?

Perché sono com-possibili, plurisenso, polisemie spirituali, metafore potenti del mio stare qui, in questo momento eterno, al mondo. Se del film riconosco la condivisione dell’eterno, nelle canzoni mi vien bene la rabbia costruente, la volontà di muovere gli enti immobili, la possibilità di creare destini nel tempo e nello spazio, che sono la stessa cosa.

Chi è Amerigo se non il nonno di mio padre, morto a trentotto anni dopo aver fatto stagioni in Baviera, portandosi dietro in fornace quattordicenni implumi, chi è se non mio padre stesso, scassatosi la vita sotto l’acqua nelle cave di pietra dell’Assia? Chi è Cyrano se non loro e millanta come loro e come me, almeno nello spirito, ché non ho dovuto seguirne le tracce alla lettera?

Quell’uomo era il mio volto, era il mio specchio, finché non verrà il tempo… per rincontrarlo. E…

tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali, cari contemporanei che non credete a nulla, neanche di potere essere un poco co-autori del vostro stesso destino.

Al di là del tempo, e nonostante il tempo, credo che Amerigo, Cyrano, Fabio, Antonio, Pietro, Dante, Cesare e chi altri… e nomi di donna a partire da quello di chi mi ha messo al mondo, siano in attesa di rincontrarmi. E io pure, al di là del tempo e nonostante…

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