Gli arroganti
Il paesaggio pedemontano stamani, per stemperare l’argomento.
Prepotenza, protervia, arroganza (Bobbio, 2005). Un climax in salita di vizi fino al vizio disdicevole, che caratterizza molti rapporti umani, in varie circostanze e momenti, diffusissimo.
Chi sono i prepotenti, che progressivamente diventano protervi e infine arroganti? Sono forse persone talora di scarsa intelligenza, o con una particolare aggressività verso gli altri? Certamente sì, ma non solo: tra costoro si trovano anche persone furbamente intelligenti o intelligentemente furbe (S. Agostino), provviste di una sorta di cinismo naturale, che nulla ha a che vedere con la scuola filosofica classica omonima (cf. Diogene di Sinope). Tra questi vi sono anche i provocatori emotivamente labili, ma molto ingombranti e rumorosi che, prima ancora di ascoltare le ragioni altrui, inveiscono cercando di creare un pathos negativo e inducendo una specie di timore nel contesto interlocutorio. Gli astanti, se non hanno interesse o voglia di contraddire l’arrogante, stanno zitti, senza né annuire né disapprovare, in una situazione limbica poco edificante, ma comoda. Teniamo conto che spesso i contesti collettivi (stadio, manifestazione, corteo, etc.) riducono la soglia critica dell”uomo, rendendolo più stupido (Le Bon). I poveri di spirito, non nel senso evangelico del termine, sono numerosi tra gli arroganti, e di questa categoria costituiscono un forte nerbo, ma sono in cattiva compagnia di quegli altri (cf. supra), lucidamente determinati a governare le situazioni.
Mi è capitato anche stamani, in una notevole azienda furlana, a maggioranza di manodopera femminile. Per contenere un’immotivata aggressione verbale, mentre spiegavo una misura contrattuale molto positiva per i lavoratori, ho dovuto fare ricorso alle riserve della mia pazienza, non senza fatica. Alzando la voce per sovrastarmi, una persona ha sostenuto che “tutte” sono contrarie al nuovo accordo. Richiesta di spiegarmi il “tutte”, la persona ha dovuto ammettere che le “tutte” erano “tutte quelle con cui aveva parlato, cioè quattro o cinque” su un “tutte” che significa quattrocento, più o meno. Ecco che allora, se non avessi chiesto di specificare che cosa significasse il pronome di quantità da lei utilizzato, mi sarei fatto trascinare in una polemica sterile, insensata e perdente sotto il profilo argomentativo.
In questi casi, se si mantiene la calma e si prova a “scavare” sull’attendibilità dell’affermazione, si riesce a smontare il senso discorsivo e l’enfasi dell’interlocutore. Ma non è facile, perché verrebbe da reagire con foga illuminando la stupida aggressività di un’evidenza inconfutabile.
Un altro modo arrogante di porsi è quello politico. tra gli esempi, ieri ne abbiamo avuto esempi a iosa, soprattutto da parte di coloro che avendo perso il referendum sulle trivellazioni, affermavano l’insostenibile, cioè di “aver vinto”, perché loro, poveretti, avrebbero “lottato a mani nude” (cf. Scotto di Sel). Che “duolo” che mi fanno. Arrogante è anche la pretesa di sconvolgere le leggi elementari della logica, come affermare anche quando si è perso, di aver vinto, ma in un certo senso. Vale a dire: l’arrogante non perde mai, non ha mai torto, non sbaglia, è lungimirante, chiede ammirazione per ogni sua scelta, non tollera critiche e tantomeno dissenso. Spesso questo comportamento si accompagna al ruolo di comando, di malintesa e malaugurata leadership come pura posizione gerarchica. Quanti arroganti nel mondo militare, nella gerarchia economica, perfino nel mondo ecclesiale! A volte gli arroganti si vestono da agnelli, indossando la clamide della falsa modestia, tanto fastidiosa quanto evidente. La cifra del loro agire comunicativo (Habermas) è una certa melliflua untuosità (cf. il Vespa televisivo), oppure una piacioneria complice alla Fazio (sempre tv).
Arroganti sono anche certi musicanti, sé putanti geni a scapito dei loro compagni di band. Ne ho conosciuti alcuni, eponimi quasi, o idealtipi dell’arrogante (Max Weber), del genio incompreso, dell’artista sedicente unico, o giù di lì. Persone che di solito parlano a voce alta, soprattutto per ascoltare se stessi e ammirarsi sempre, da subito, continuamente, in faccia al mondo.
E altri, altri ancora, numerosi come i sassi di un ghiaione alpino, e duri come quelli.
Infine, oltre ad essere fastidiosi, gli arroganti sono anche sfigati, e non lo sanno. Infatti, siccome loro sono “esseri superiori”, non si stupiscono mai di nulla, perché tutto è già da loro stessi pre-visto, pre-giudicato, pre-imparato, pre-conizzato, etc., …e dunque gli manca la pre-condizione per stupirsi, loro non si stupiscono mai, nulla li meraviglia, perché tutto è scontato o sottoposto alla loro “lungimiranza”; senza stupore, senza meraviglia, senza alcun senso creaturale, essi vivono privati della gioia del thaumasmós (Aristotele), che rende bambini i grandi e filosofi i bambini.
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