La politica e la morale
Se per Aristotele (e anche per me) la politica è la più elevata delle “arti” umane, si può dire che lo è proprio, non solo per la sua obiettiva complessità, ma anche perché ha a che fare con la dimensione etica, valoriale, di principi, dell’umana convivenza, quella che solitamente chiamiamo dimensione morale.
Politica e morale sono assieme, assistite dal diritto, come scienza normativa. Nell’ordine dovremmo considerare: a) la morale o sapere etico, che fonda il diritto e ispira l’agire politico; b) il diritto che regolamenta, istruisce e sanziona in base alle regole che una determinata comunità si dà; c) la politica che opera costantemente per il raggiungimento e la tutela del “bene comune”, che è collettivo e indivisibile.
Detto questo, è bene convenire su che cosa si dia per “sapere etico” o “morale”, e su che cosa lo si fondi. Nonostante oggi viviamo tempi di depauperamento e banalizzazione linguistico-espressiva, anzi soprattutto per questo, occorre rigorizzare i termini, come faccio senza stancarmi, a costo di sembrare un poco pedante al paziente lettore.
Etimologicamente, sia “etica”, sia “morale”, sono termini che rinviano, rispettivamente, al greco antico e al latino classico, e significano ambedue “usi e costumi”. Se il loro significato dovesse essere considerato solo in questa accezione originaria, significherebbero ben poco, ai nostri fini. Sta di fatto che l’accezione sviluppatasi nel tempo, nella cultura occidentale, ha dato loro un’accezione di valore legata al rispetto dell’uomo e delle sue prerogative. In altre parole si può dire che oggi “etica” significa -in generale- comportamento rispettoso verso gli altri, se non addirittura virtuoso. L’etica è un sapere serio e strutturato, non una serie di norme vagule e sentimentaloidi, buone per ogni circostanza o bisogna soggettiva, quasi a sostenere che ogni desiderio può diventare un diritto (vedi il tema delle adozioni in generale). Se si vuol dare un senso a questo sapere è necessario condividere i suoi valori fondativi, ad esempio il rispetto per tutti gli esseri umani, gli animali, la natura, secondo un criterio razionale, basato sull’autocoscienza umana, capace di contemperare la vita stessa degli esseri umani con l’ambiente naturale.
Che poi il dibattito sull’agire libero dell’uomo sia integrato dal tema dell’influenza bio-genetica è importante (cf. A. Raine, L’anatomia della violenza. Le radici biologiche del crimine, Mondadori Università, 2016), non può giustificare la violazione sistematica di un’etica rispettosa dell’uomo da molta parte dell’agire politico odierno. Non posso ammettere che molti protagonisti della politica siano determinati a essere disonesti, disinformati, superficiali e poco operativi perché la loro amigdala o l’intero sistema limbico è poco o per nulla connesso con i lobi prefrontali, e quindi in qualche modo sono necessitati ad essere come sono.
Il vituperato Lombroso aveva certo qualche ragione, peraltro confermata da recenti scoperte neuro-scientifiche, per cui non è peregrino parlare di neuro-etica e di neuro-criminologia, quando si analizzano comportamenti devianti o addirittura criminali. Ma, per la politica si possono usare questi termini? A mio parere sì, perché i comportamenti in politica, al giorno d’oggi, visto che non si usa più scannare i rivali perdenti come ai tempi della Guerra civile della Repubblica Romana tra Caio Mario e Lucio Cornelio Silla (1° sec. a. C.), sono hobbesianamente improntati ancora al mors tua vita mea, perché homo homini lupus (est).
La morale è spesso offesa e vilipesa dalla politica agente, che non si perita di evitare scontri e maldicenze, ai suoi meri fini di successo mediante la sopraffazione dell’altrui. Se non escono più dalle toghe i coltelli dei congiurati, se Bruto, Cassio e Casca vestono in giacca e jeans Trussardi, ciò non significa che la metafora delle pugnalate non valga tutt’ora.
Basta sentire la terminologia della lotta politica attuale, molto peggiorata rispetto a venti/ trenta anni fa, quando durante la poco lodata Prima Repubblica mai si sarebbe sentito dare del coglione a Saragat da parte di Almirante. Oggi invece, auspice un sistema mediatico involgarito e tronfio si sentono i vaffanculo e le citazioni di organi sessuali a mo’ di complimento.
Viviamo una fase di profondo decadimento intellettuale, prima ancora che morale; mi auguro che le generazioni giovani, e qualche documentata speranza di ciò io vivo, riavviino un percorso virtuoso dove la politica e la morale stiano insieme, l’una a supporto dell’altra.
Buona domenica, caro lettore.
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