Voci silenti di villaggi arcani
Dicono che ivi passarono i Turchi, e prima ancora i popoli dell’Est, gli Unni, gli Avari, Barbari con le barbe lunghe parlanti lingue gutturali. Dicunt. Narratur. Si dice, narrasi, a dìsin, par furlan.
Le Valli dell’Erbezzo, del Cosizza e dell’Alberone, frementi tributari del fiume smeraldino, della Città di Cesare.
Ero stamani per villaggi arcani, Valli dormienti e case silenziose, il bosco e la pietra, in fondo al mondo nostro, est est est della bella Patria, e sguardi verso il cielo nuvoloso.
E torna la parola… dopo tanto, quella del metro, vigilata a cogliere l’essenza, almeno spero.
“Nella profondità vuota del tempo/ nascon vite, destini e sentimenti./ Il vento va e poi ritorna lento/ per valli antiche corse dagli armenti.// Ricordo volti antichi d’altre ere,/ di giorni e viaggi e sguardi sconfinati;/ ricordo cieli e lente primavere/ alti recinti, palizzate e prati.// Il vento va e poi ritorna ancora,/ senza requie pensieri si rifanno,/ un dolore rinasce nell’aurora.// Vince la vita come sempre al mondo:/ lo Spirito che soffia dove vuole,/ ti dona libertà anche se duole.”
Finisce qui per un rispetto docile all’assenza, al vento e al tempo silenziosi.
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