Mi manca il raglio possente dell’asino
…per dire come occorre stare nella natura dei viventi, Robocop permettendo, o la possibilità di sintetizzare i geni della riproduzione umana. Mi manca il raglio dell’asino, quello potente, che scavalcava i cortili e i borghi rurali, fino alle strade polverose della campagna e alle provinciali asfaltate.
Il raglio dell’asino è il verso di un animale nobile, ingiustamente metaforizzato quale simbolo di stupidità: è piuttosto l’uomo, stupido, quando punisce un suo simile con le orecchie d’asino, ché l’onagro è forse più intelligente del destriero equino ammirato nei millenni della storia.
L’asino “si accorge”, l’asino si accorge se nei pressi suoi c’è un bambino autistico o “down”, e allora si fa vicino, si av-vicina avendo cura del disagio che lui percepisce anche meglio di un umano. L’asino è mite, silenzioso, salvo quando scuote le nari disturbato da qualche imbecille che pensa di essere più intelligente di lui, e raglia di stupore per tanta stupidità conclamata.
L’asino fa parte di un paesaggio interiore che è venuto meno con l’ultima post-modernizzazione di villettopoli diffuse e anonime, senz’anima e cuore, e servirebbe molto più dei cani latranti dietro le siepi dei cortili collinati della borghesia rincoglionita dal benessere.
Utinam il raglio possente dell’asino sostituisse i borborigmi miserandi delle tv, i titoli sguaiati del web e della carta stampata, la tuttologia dei conduttori e delle giornaliste in posa, spesso orridamente rifatte, futuri mostri della laguna,
utinam il raglio possente dell’asino zittisse i politicanti mestieranti eletti o nominati a sfrugugliare con la res publica, colpevolmente ignoranti,
utinam il raglio possente dell’asino riuscisse a consolarmi della delusione di tanti, troppi, incontri con umani molto meno meritevoli di attenzione di quanto non sia il nobile quadrupede,
utinam il raglio possente dell’asino avesse la proprietà di allontanare da me i falsi modesti e i mascherati di libido potestatis pecuniaeque di ogni tempo e luogo che debba o possa incontrare,
utinam il raglio possente dell’asino potesse accompagnarmi nelle logorree inutili di altrettali umani, di giravolte e piroette indecenti, di libidini incestuose, metaforicamente intendo, ed è perfino peggio.
Come il raglio dell’asino, mi mancano i cortili accessibili di un tempo, e anche l’odore del letame contadino, i carri agricoli e le vacche pacifiche nella prateria dietro la cascina. Ma io ho il coraggio di cercare altrove, fuori dai paesi neo-benestanti, quasi cittadine, o addirittura con nome di “città” (che ridere!): Città di Codroipo, ma andiamo! Civitas, certo, ma stiamo cauti: per me in Friuli etc. oltre a Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, solo Monfalcone e Cividale hanno titolo per il nome di “città”. Non abusiamo dei nomi, ché le cose si ribellano a nomi mal dati. Cf. Genesi 1!
Vado via nei borghi rurali in bici, e allora ritrovo il senso, il desiderio e i suoni veri della vita.
E l’asino mi sia testimone.
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