Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

dio/Dio, tra la sua “morte” e la fede che rinasce

Caro lettore20160521_165324,

il secolo della “morte di Dio” è stato il ‘900, il più violento e disumano della storia, con più di cento milioni di morti ammazzati nelle varie guerre, eccidi, pogrom, stragi, stermini, etnocidi…

Preconizzato con urlo incontenibile da Nietzsche ne La gaia scienza, è stato ripreso e commentato da molti. In che senso “Dio/dio è morto?”

In viaggio verso Firenze leggevo e pensavo che la morte di Dio è essenzialmente la morte dell’uomo per eccesso di presunzione o di stupidità, che è quasi la stessa cosa, non perché l’uomo e Dio siano la stessa cosa, ma perché parte dell’essenza divina è/deve essere nell’uomo, e se muore questa parte, quando l’uomo è violentemente stupido o stupidamente violento, muore anche Dio, come adombravano, in modi diversi, Bonhoeffer (cf. Resistenza e Resa), Primo Levi (cf. Se questo è un uomo), e anche Bernanos ne I grandi cimiteri sotto la luna.

Ma Gesù ha parlato così, dicendoci “dio/Dio” come nessun altro prima.

“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.” Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: ” Ama il prossimo tuo come te stesso”. (Matteo 22, 35-40 et  similia in Marco 12, 28-31, e Luca 10, 25-28). Anche nell’Omelia 90/A di sant’Agostino e nel vangelo di Tommaso ai versetti 54 e 65.

Sono i due comandamenti che risolvono dicendo tutta la teologia giudeo-cristiana, insieme con le Beatitudini matteane (5, 3-12) e lucane (6, 20-23). Eppure Dio, nel 900, è “morto”.

K. Löwith, W. Weischedel e B. Welte, commentando Nietzsche, affermano che l’uomo può ritrovare se stesso solo se  accetta di non possedere verità apodittiche, e nel contempo di risiedere nell’abisso e nella “luce del nulla” suo, nella ricerca, nell’atarassia scettica della relazionalità, dove l’essere stesso si riposa e si compone in sempre nuove re-lazioni, e dove il divenire è tutt’uno con l’eternità. L’abisso (Abgrund) è il luogo da cui ripartire con umiltà e spirito di ricerca, alla ricerca di dio/Dio. (cf. P. Boschini, Teologia dell’Evangelizzazione, Morte di dio, cristianesimo e futuro dell’Europa. La teologia filosofica tedesca come tentativo di superamento del nihilismo, EDB Bologna, gennaio-giugno 2016, pp. 11-43).

L’infinito, l’incondizionato, il puro… è il silenzio che ci può riportare a dio e poi a Dio. La natura naturans come dio/ Dio, di Baruch Spinoza è, a questo punto, un passaggio, essenziale nella sua funzionalità logica e… ontologica.

Questo dio prima di Dio ci può salvare dalla stupidità, innanzitutto, che non ci imbestia, ma ci massifica, banalizzandoci. Solo l’amorecaritas-agàpe-dilectio, riassunta tutta e totalmente nell’eros come attività desiderante di essere/ diventare se stessi, dà senso ed è senso (delle cose, della vita, di dio/ Dio). Sant’Anselmo (cf. Monologion-Proslogion) ha ragione quando sostiene che “Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di più grande“, ma non basta. Se ci si mette in cammino verso l’infinitoincondizionato-nulla forse si può incontrare dio che diventa Dio come Realtà del Tutto e Totalmente, Padre, Figlio e Spirito che spira Padre e il Figlio.

Se a Siracusa, invece di censire i bimbi in povertà  (un milione in Italia!)si dà il “bonus bau-bau” a chi adotta un cane del canile municipale (250 euro all’anno per tre anni), significa che dio/ Dio è inutile e quindi non esiste. Se chi ha una disgrazia approfitta per diventare famoso (es. sorella di Stefano Cucchi, e ora la madre di Ciro Esposito, con microfono in mano in gran tiro a pontificare che la condanna di De Santis è giusta, lei gran giurista-eticista!), allora dio/ Dio è stra-morto! Se la notizia del giorno è la polemica sulla scorta a un mediocre  scrittore come Saviano, allora dio e fors’anche Dio -in questo senso- è morto.

E’ la stupidità incosciente che uccide Dio, più di ogni stantia metafisica.

E allora occorre una sorta di teologia-filosofica senza pre-supposti, senza dio e anche senza Dio, direi, proprio per poter essere accoglienti verso l’infinito Mistero della Vita, che può dire subito, o anche più tardi, Dio, senza la presunzione di averlo trovato cercandolo.

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