Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il muro della matricaria

mederiaukaIl muro della matricaria era un po’ sbrecciato dal tempo nella vecchia casa di Hostne, il villaggio immerso nel verde delle Valli remote. Cresceva lì da tempi immemorabili e le donne si erano tramandate la sapienza dei suoi benefici. Curava i dolori premestruali, leniva i pensieri tranquillizzandoli in vista del sonno, era utile come calmante e decongestionante dell’intestino. Era usata anche come schiarente dei capelli e in molte altre circostanze. Una specie di cortisone dal profumo di mela “renetta”, e gratuità totale.

La mia frequentazione delle Valli scopre interstizi vitali sempre sorprendenti. Il mio interesse per piante e fiori si è sempre limitato agli alberi, di cui accolgo il potente fascino di esseri viventi, i più grandi e pesanti in natura: la sequoia è il più grande essere vivente mai apparso sulla terra.

Si vede che il tempo lavora su di me migliorando la mia sensibilità al reale, per cui perfino la Matricaria Chamomilla mi intriga: “matricaria” da “matrix”, utero femminile, cui dona il benessere di cui sopra; “chamomila”, dal greco kamài, terra, e mèlon, cioè mela. Mela della terra almeno come odore, che tonifica e rinforza. In slavo delle valli remote è la mederiauka.

Quanta abbondanza di varietà, di erbe ed essenze, di fiori e foglie, di alberi e cespugli, e l’erba profumata delle radure, e il sottobosco rasato sotto le conifere che rendono alcalino il terreno e l’erba non vi cresce.

Il muro della matricaria era luogo d’incontro per le donne della borgata, che lì si raccontavano storie del passato e del presente, con il lento e a volte strascicato timbro della lingua slava, ancestrale retaggio della loro storia e spirito condiviso del senso della vita. Le case erano state restaurate negli anni, dopo il terremoto, e anche se molte persone se ne erano andate, i villaggi conservavano la vitalità e i colori del tempo andato.

Racconti della krivapeta delle Valli, che non si mostra a tutti, anzi, solo a quelli che amano i boschi oscuri del confine, e lì indugiano senza fretta in ascolto delle campane dell’Ave Maria, di valle in valle un concento lieto, verso la sera che viene o nelle feste comandate da Deus. C’è una fede profonda che resta, nelle Valli, travalicante il tempo e le contrade, nelle preghiere mormorate a maggio, rosari e messe semplici nelle piccole chiese.

Di colle in colle si spande il richiamo della festa, e le nuvole attendono il suono per condurlo più in alto. La famiglia di aquile si leva dagli anfratti del Kolovrat per cogliere le correnti ascensionali provenienti dal Krn e dal Matajur, dove si porteranno con larghi giri a spirale, lo sguardo acutissimo sulle piante di mederiauka e sul sorriso della misteriosa krivapeta, immagine del divino incarnato nel tempo e nelle acque turchesi del Natisone.

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