… talora mi dicono: “lei è come Sgarbi (anzi forse meglio)”
ciò che ho scritto sopra mi è stato detto ultimamente due volte in una settimana, a Roma al Fogolâr Furlan e in Friuli dopo una lezione a “donne imprenditrici e dirigenti”. Ho chiesto all’una e all’altra: “ma è un apprezzamento o il contrario?, risposta: no no a noi Vittorio piace tanto!”, e dunque, analogamente…
Mi chiedo che cosa faccia scattare la similitudine, ed escludo subito la somiglianza fisica, anche se io e il noto critico (molto bravo nel suo) siamo coetanei; escludo il lessico, che in me è più sorvegliato, anche se talora, parlando in pubblico, indulgo a qualche abbassamento di tono espressivo, al fine di spiegarmi meglio tenendo desta l’attenzione degli astanti; escludo la notorietà, perché Vittorio è immensamente più visibile; escludo analogie di simpatie politiche, perché lui è strutturalmente di centrodestra, e io, indefettibilmente, dall’altra parte. E allora che è? Forse ho trovato: il fatto che né lui né io siamo prevedibili, perché siamo curiosi e vigilanti sulle espressioni altrui, siamo entrambi politicamente scorrettissimi, odiamo in egual misura la banalizzazione linguistica e la sciatteria espressiva, ci annoiano i noiosi e gli stupidi, che sappiamo pericolosissimi, e anche i falsi-modesti, che smascheriamo nei rispettivi ambienti, colpo su colpo. E, forse, ci accomuna anche una certa verve e partecipazione passionale a ciò che diciamo.
E’ l’aspetto “meta”, cioè quello che va al di là delle irriducibili differenze tra me e lui, che sono culturali (lui più sul versante storico-artistico, io più su quello sociologico e teo-filosofico), politiche, di classe sociale (lui borghese, io proletario), etc., e ciò dimostra che le persone percepiscono forse, si può dire, in maniera “gestaltica” od olistica, la verità delle persone, al di là di quello che dicono e di quello che si dice di loro. La verità che sono io e quella che è lui, come esseri umani.
Risulta allora chiaro come i “modi”, le “forme” siano la vera sostanza di quello che si dice e si fa. Est modus in rebus; la Forma è la Sostanza (cf. Aristotele e san Tommaso) al là di ogni vieto, noioso e stancante formalismo.
L’uomo è fatto per in-ventare, cioè trovare sempre nuove forme, sempre nuove prospettive, oltre il già conosciuto, detto, agito, abitato; l’uomo ha bisogno di stimoli di onde, di ristrutturazioni interiori, di scandali, di errori, per progredire. Ecco, in questo trovo certe somiglianze, anche se io mi muovo in modo più discosto, “friulano”, schivo, ma altrettanto inquieto di lui. Cor meus inquietus est donec non requiescat in te (sant’Agostino), mi par motto che funziona, sia per Vittorio, sia per me.
Allora quelle battute a fine convegno o lezione non erano poi tanto peregrine, e che Sgarbi non si dispiaccia.
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