La vita plurale, tra singolarità e altruità
Anche se si vive individualmente, singolarmente, la vita di ciascuno, irriducibilmente se stesso, è pur tuttavia plurale, perché in-relazione. In relazione con altri soggetti umani, con gli ambienti e le cose.
Si è dentro il cosmo, dentro la natura, dentro la propria vita (si è la propria vita e la propria anima), si è in re-lazione con il tutto, anche se non mai totalmente.
Ciò che pensiamo e facciamo è sempre plurale nella singolarità del pensiero e dell’atto, e nel contempo sempre singolare nei suoi effetti necessariamente plurali (plurimi).
Non possiamo mai prescindere dall’altro da noi, dagli altri, con i quali con-dividiamo/ con-viviamo pezzi della nostra esistenza, che scorre accanto, in parte, dentro le esistenze altrui, per rapporti, contiguità, necessità, volontà soggettive ed esigenze oggettive. Incontriamo persone e ci scontriamo, litighiamo e ci rappacifichiamo, continuamente.
A volte facciamo finta di non capire, a volte non capiamo proprio, a volte non siamo capiti, e nemmeno compresi, anche senza essere capiti. Non sempre si capisce tutto ciò che si comprende.
A volte abbiamo bisogno di compagnia e a volte di silenzio e solitarietà. Io di più della media delle persone , penso, sia per carattere, sia perché talora sono invaso dall’altruità, a volte confusa con l’altruismo. Quest’ultimo, a volte, è una forma subdola di egoismo, e a volte anche di egocentrismo, se non di egolatria. Vi sono persone che vogliono “aiutarvi a tutti i costi”, anche a quello di seccarvi: l’importante è aiutarvi, sia quel che sia.
Certamente, a volte abbiamo bisogno di aiuto: l’anno scorso, quando ero paralitico per un’artroscopia mal fatta, ho avuto bisogno di molte persone, anche di essere accompagnato al lavoro in auto da un gentilissimo parente. Ho chiesto e mi è stato risposto, ho bussato e mi è stato aperto. Ho ringraziato e son grato per sempre a chi mi ha aiutato quando ho alzato il braccio con una piccola bandiera bianca per chiedere aiuto.
Non è facile trovare un equilibrio nella pluralità della vita, tra gli spazi che uniscono le persone e gli spazi che, invece, le distinguono, ancora prima di dividerle.
Sono convinto che in questa fase faticosamente ominizzante il conflitto inter-umano e le guerre siano inevitabili, come, tra i più, ha riconosciuto onestamente il capo del governo francese, Manuel Valls. Si tratta di non sprecare tempo ed energie in prediche scontate, altarini di fiori e di candele, ma di sviluppare la consapevolezza dell’inevitabilità del conflitto, e lavorare sulla crescita generale della conoscenza, della logica argomentante, dell’onestà dello scambio, di un’etica elementare, basilare, che si possa condividere anche con chi è profondamente diverso da noi.
E, se del caso (ed è il caso) difendendoci anche con una forza intelligente.
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