Donaldo Tromba e il declino dei radical chic
L’elezione di Donald Trump, o che dir Donaldo Tromba (più o meno), alla Casa Bianca mi ha sorpreso, come moltissime persone che conosco, ma l’ho metabolizzata quasi in giornata, provando a immaginare il sostrato vero della sua vittoria. Ora si sprecheranno analisi su analisi, dove sapientissimi (o supposti tali) politologi e giornalisti si sforzeranno di trovare ragioni alla sconfitta della “favoritissima” Hillary Rodham. Anch’io pensavo che questa potente signora americana avrebbe vinto, ma mi rugava in fondo all’anima un qualche pensiero diverso.
La cosa per noi un po’ strana è che Trump ha vinto prendendo meno voti popolari (56.600.00 contro 56.800.000) della sua rivale, ma conquistando molti più “grandi elettori”, per una certa qual distorsione del sistema elettorale, mi par di tipo oligarchico.
Fossi stato cittadino elettore negli USA avrei votato per lei, ma con qualche riserva dovuta anche al suo essere di sinistra, ma borghesemente, e facente parte di una dinasty, quasi come la famosa sit-com, o come i Kennedy e i Bush. In ogni caso per capire i veri sentimenti di una nazione bisogna viverci, e non basarsi solo sui reportage giornalistici, a volte scritti comodamente in poltrona ergonomica sull’aero o da casa.
A me pare di poter dire che sono varie le ragioni della vittoria di Trump: dalla preoccupazione delle classi medie impoverite dalla crisi post Lehmann Brothers, alla progressiva disoccupazione dei blue collars bianchi (la workin’ class non si riconosce più da tempo nelle indicazioni sindacali verso il partito democratico), alla multiculturalità, alle migrazioni che preoccupano le fasce più deboli della società, ai legami forti dei Clinton con il sistema finanziario, etc., ma ce n’è una che mi sta più a cuore, e che da tempo sta disturbando il senso comune e l’intelligenza: quella che ha a che fare con la sinistra radical chic, quel progressismo salottiero e ricco che ama occuparsi prevalentemente di diritti civili, trascurando ormai da decenni i diritti sociali, quelli che da due secoli hanno riguardato la vita e la morte della classe operaia e comunque dei lavoratori in generale.
Occuparsi di tematiche gay, se non gender, di cannabis libera e magari di eutanasia è diventata quasi l’occupazione principale delle sinistre occidentali, specialmente quelle sofisticate, e allora abbiamo riviste come Micromega, intellettuali come Flores D’Arcais (Paolo) o Saviano (intellettuale per modo di dire), conduttori televisivi alla Fazio, rappresentanti delle istituzioni come la Boldrini, tutti un po’ emuli della famosa Camilla Cederna che, negli anni ’60, stufatasi dei salotti della Milano bene, si era innamorata degli anarchici ingiustamente inquisiti per piazza Fontana, sfregiando con i suoi articoli galantuomini come il commissario Calabresi.
E poi i cachemire televisivi di Fausto Bertinotti, con la sua “evve”, e intellettualismi dilettanteschi da perito industriale.
Donaldo Tromba, dal parrucchino (?) giallo mais che sia, ha dato un calcio nelle palle a tutto questo. Ora, personaggi improbabili come Salvini e Grillo cercano apparentamenti risibili con quest’uomo, che presto farà il presidente degli Stati Uniti d’America con uno staff di tutto rispetto e sarà ricevuto ovunque nei modi opportuni e proporzionati al suo status di capo della nazione più influente del mondo d’oggi, non sapendo neppure chi sono i grillo-salvini che si credono suoi cugini primi.
Ho scritto a un paio di amici di sinistra che si lamentavano della sua elezione “ma voi siete democratici solo quando vengono eletti i nostri?”, e quindi a fasi alterne?
Risposte imbarazzate.
E finisco dicendo che, quello che in grande è accaduto in America, accade anche nel piccolo dei nostri paesi che rinnovano i consigli comunali rieleggendo i sindaci.
Se la presunzione e la spocchia prevalgono sull’umiltà e l’intelligenza, lo spazio per i “Donaldi” si amplierà sempre di più.
Se la cultura di sinistra non uscirà da questa troppo lunga impasse che la rende autoreferenziale e oggettivamente conservativa, non ha speranza, perché forse dovrà perfino cambiare nome.
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3 Comments
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Tromba si dice TRUMPET non TRUMP ‘gnurant 😉 Senza offesa eh…..
lo so, mio cultissimo mecrock
La spocchia radical chic, proseguita spavaldamente dopo la sberla della brexit non si ferma neppure, salvo pochi casi, di fronte allo sganassone Trump e già qualche intelettualoide nostrano, giobbando alla italica maniera sul paradosso del voto americano, già presagisce improbabili rivincite puntando sul tradimento dei grandi elettori. Pietoso espediente di chi ha in spregio le regole democratiche a cui gli americani, pur con tutti i loro macriscopici difetti, sono estremamete legati. Di questo passo i radical chic si ridurranno all estinzione. C’è da augurarselo.