Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni, o dell’omnipotenza superba
Pare che abbiano provocato o causato la morte di decine di persone, a Saronno, in Lombardia, nell’omertà dei più. Anche la madre e il marito di lei hanno ucciso. A che punto è la notte dell’anima, sentinella? Parafraso Isaia perché mi sembra siamo al limite inferiore dell’umanità, al pari dei killer nazisti e dei fanatici jihadisti e dei monaci assassini di Ipazia.
Pare lei dicesse che quei due dovessero essere puniti, e così l’avrebbe fatto lei. Perché no?
E ancora: fino a che, a quanto, erano determinati neurologicamente ad essere coloro che hanno fatto quello che hanno fatto, e fino a che, a quanto, sono stati liberi di farlo, potendo de-cidere se e come e cosa somministrare ai pazienti, o alle persone sane che poi sono morte?
Chiederanno i loro avvocati, dopo le prime ammissioni, l’infermità o la semi-infermità mentale? Ma se la responsabilità è personale come la mettiamo? Non si potrà dire che i due agivano sotto l’influsso della droga, anche se il dottor Cazzaniga si è dichiarato cocainomane, oppure plagiati o condizionati da qualche minaccia. Pare che i delitti contro i familiari della Taroni fossero anche dettati da interessi economici, per denaro si uccide, non riesco a non meravigliarmi.
Se la volontà di agire, secondo Aristotele e Tommaso d’Aquino, ma anche secondo Patricia Churchland, una neuro biologa contemporanea, è una prerogativa di chi ha intelletto, per cui non può essere contro il fine proprio, che cosa è l’agire delittuoso? Da dove promana la volontà di uccidere? L’agire delittuoso è transeunte, cioè si rivolge a un oggetto, che può essere una persona, ma l’agire contro il proprio fine è anche immanente, cioè fa del male all’agente stesso. Fare del male fa male.
Come poteva il dottor Cazzaniga e la sua amata compagna pensare di agire secondo un fine facendo del male ad altri? Come gli ha funzionato e gli funziona la facoltà di apprezzamento delle cose, la vis aestimativa? I geometri studiano estimo per potere valutare il valore di un terreno, e il dottor Cazzaniga che criterio ha usato quando decideva di sopprimere qualcuno?
Chi gli ha suggerito di avere il diritto di comportarsi così? Qualcuno o qualcosa dentro di lui? Magari non un limite neuro-biologico, magari una limitazione della corteccia orbito-frontale, ma la superbia, il vizio della superbia, cioè il convincimento di poter decidere al di sopra di ogni principio morale condiviso.
Come si muove nella mente di quell’uomo il principio morale detto così: “Bonum appetendum, malum vitandum“? Forse che il bene diventa il proprio arbitrio e il male il suo contrario?
E’ malvagità, perfidia, cattiveria nel senso di auto-prigionia, la condizione mentale di quell’uomo e della sua donna?
Che fare in una situazione come questa, nel momento in cui gli inquirenti avranno chiarito responsabilità e veridicità delle azioni contestate? Qualcuno, ho sentito, dice, mettiamoli a muro e fuciliamoli. E poi? Rendiamo, così facendo, la vita ai morti? Questa è la controindicazione principale della pena di morte, la sua non-deterrenza, i suo non generare alcuna contrizione, alcun dolore per il dolore arrecato, ma solo dolore aggiuntivo.
E’ probabile che siamo ancora lungo il cammino, a perdita d’occhio, dell’ominizzazione. Forse è meglio riprendere a leggere il grande libro della nostra storia, la Bibbia, i tragici e i lirici greci, Dante e Shakespeare, Montale e Ratzinger.
“Spesso il male di vivere ho incontrato/ …” (E. Montale)
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