Il tempo che viviamo
Caro lettor mattutino,
A volte pare di non capire , mentre le cose capitano, a volte il senso si perde, o pare incomprensibile, di questi tempi, che sembrano più oscuri di altri ma non lo sono, nonostante la violenza diffusa, nonostante gli attentati spaventevoli, e più spaventevoli se accadono dalle nostre parti piuttosto che in Oriente.
Il nostro sguardo non ha profondità, manca di prospettiva, perché abbiamo un orizzonte poco oltre un palmo dal naso, perché viviamo il tempo immersi del tutto nel fluire dei fatti, degli avvenimenti raccontati da web e tv, di cui siamo quasi sempre, grazie a Dio, osservatori stupiti, ma anche a volte stupidi, informati e disinformati in tempo reale, sbalorditi dal profluvio di notizie, immenso, che ci piomba addosso.
Nelle relazioni private spesso l’incuria comunicativa vince sulla verità della relazione, e così si creano incomprensioni e disagi, causando sospetti, inimicizia, pregiudizi e infine ingiustizie. Spesso, invece che la paziente opera della comprensione analitica e dell’interpretazione dell’altro, si sceglie la scorciatoia del pregiudizio, della narrazione di terzi sui secondi e dei secondi sui terzi, senza verifiche di veridicità o almeno di affidabilità, e le persone giudicate scivolano, o sul crinale della dimenticanza e dell’oblio, oppure ascendono a glorie insperate, e talora immeritate, innescando processi deleteri e crisi future della struttura cui appartengono, sia un’azienda, sia una scuola o un’istituzione pubblica, o altro.
Non riusciamo a giudicare se quello che accade sia inusitato, del tutto nuovo, o sia una manifestazione costante della violenza intrinseca all’agire umano.
Ora, dopo lo Yemen, la Giordania, ancora il crudele massacro siro-irakeno, ecco Berlino, fotocopia natalizia dell’estiva strage sulla Promenade del Anglais, a Nice. Gente fuori di testa gira per il mondo a uccidere, a vendicare Aleppo, vindice mano di qualcuno che viene invocato come “dio”, ma Dio non è.
La superficialità caratterizza molte relazioni, molti dialoghi e rapporti interpersonali, non pochi negoziati e processi decisionali, sia nel piccolo delle nostre vite, sia nel grande della politica, dell’economia e della finanza globale. La profondità è quasi bandita dai mezzi di comunicazione e dalla quotidianità, dove vince più spesso il banale, il trito, il rimasticato, il pressappoco.
A volte ci si inventa professionisti dove non si è che dilettanti allo sbaraglio, e allora, auspice la pessima educatrice virtuale, si fa come in tv, dove lo stolto declama principi etici, il fisico dottoreggia di teologia, il giornalista generalista, famoso per un libro fortunato, si occupa di tutto e del suo contrario, proponendo ricette risolutive per ogni tema o problema: parlo della species saviani. Si organizzano meeting aziendali senza arte e conoscenza, improvvisando tempistiche, capacità oratorie e sintetiche che spesso latitano, semplicemente perché i mestieri non si improvvisano, e un biologo non diventa, come per ispirazion divina, improvvisamente capace di farsi ascoltare da un pubblico eterogeneo e disperso in open space solitamente operativi. Non si può parlare dando le spalle al pubblico, se non si è Dario Fo, Carmelo Bene o Vittorio Gassmann, e per giunta senza amplificazione, pena l’inefficacia, se non addirittura la noia o il ridicolo.
Un altro ambito è quello ecclesiale dove, per un eccesso di spirito interreligioso, qualche prete nega gli spazi sacri della chiesa per manifestazioni e recite natalizie, confondendo ciò che è rappresentazione sacra, sia pure ingenua, con la rappresentazione teatrale tout court. Cari preti “progressisti”, studiate un po’ di più la storia della chiesa, e la storia in generale. Leggete le Laudi di Jacopone da Todi, ma in latino, a partire dallo Stabat mater dolorosa… Informatevi e formatevi meglio prima di fare stupidaggini, proprio come sopra altri capi fanno.
E altrettanto accade in certe scuole dove non si fanno più i presepi per non offendere qualcuno, magari i musulmani, che sanno benissimo chi era Gesù (tra l’altro ne custodiscono la tomba a Gerusalemme dai tempi di Salah el Din), e lo ritengono profeta grande, e conoscono Mariam, sua madre, la donna più venerata del Corano. Studiate insegnanti e “dirigenti” scolastici, studiate, orsù.
E, di fronte a tutto questo, e a molto altro di analogo o giù di lì, verrebbe voglia di andarsene via, di staccare con questo mondo approssimativo a talora cognitivamente inerme, sciapo e trascurato, o almeno passare qualche ora in più sotto l’ulivo che la sorte mi ha donato per questo prossimo tempo, a guardare l’alba di giorni nuovi, con un libro in mano, o anche solo con pensieri solerti e fuggitivi.
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