Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Ignoranza tecnica e ignoranza ignorante

Tutti ignoriamo qualcosa, anzi moltissimo. Anzi ignoriamo la stragrande maggioranza delle cose. Un ingegnere ha sicuramente ottime cognizioni di matematica, fisica e informatica, ma può sapere pochissimo di letteratura e filosofia; un medico è certamente molto competente di discipline medico-biologiche, ma potrebbe ignorare l’economia, e avanti così. Io stesso, che sono essenzialmente un umanista, tra le discipline filosofico-letterarie e quelle socio-antropologiche, sono ignorante di informatica, di astronomia, di statistica.

Vi è quindi un’ignoranza che potremmo definire “tecnica”, plausibile e non dannosa, sempre che uno non millanti saperi che non ha e li usi magari professionalmente: caso tipico l’odontotecnico che fa il medico dentista, o il ciarlatano dalla dubbia biografia e cursus studiorum che fa il guru psicoterapeuta (e io ne conosco, ne conosco!) perfino con un certo successo, perché intercetta folle di ignoranti creduloni.

Vi è poi un altro tipo di ignoranza, quella cognitivo-morale, che comporta danni seri: vi sono persone che non hanno il senso del limite nel loro agire e nel loro parlare, agiscono e dicono senza filtri, fino a causare effetti deleteri e a volte devastanti. Parlo di truffatori, imbroglioni, violenti, omicidi, rapinatori, sia in passamontagna sia in cravatta e grisaglia.

Sta però emergendo un terzo tipo di ignoranza, per certi aspetti più sconvolgente, perché se le prime due sono “naturali”, per modo di dire, questa terza è più -in un certo senso- socio-culturale.

E’ l’ignoranza di ritorno, o anche di sola andata, dei più giovani, diciamo al di sotto dei quaranta, che non sanno più dove vivono, perennemente connessi con il web e con i mercati di riferimento. Come suggerisce Matteo Righetto sul Foglio odierno, anch’io ho fatto la prova di cui parla nell’articolo. Mi son messo a chiedere a persone, anche di una certa cultura attestata dall’accademia (a dei laureati, quindi) se conoscessero quel monumento o quella chiesa o quel palazzo della città appena da loro visitata. No, in generale, no, piuttosto mi hanno detto dove si trovava quel negozio di tendenza  e alla moda o di Vodafone, senza che glielo chiedessi, non capendo che si trattava di informazioni per nulla interessanti per me. Prova fatta stamani, visto che ero a Milano, con una strepitosa basilica milanese, Sant’Ambrogio. Su cinque laureati a cui la ho inviata solo uno/ a ci ha preso.

Il senso della storia si sta perdendo nei meandri della confusione e le radici nel marasma mediatico. Non si tratta di recuperare un nozionismo fine a se stesso, ma di essere consapevoli che se si esce dall’alveo della propria storia, si esce dall’alveo della propria vita. Nientemeno.

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