Morire di lavoro, o esser morti dentro, di stupidità
Paola Clemente è morta di fatica, sfruttata da un caporale travestito da somministratore interinale. Lei, 49 anni, il 13 luglio del 2015 è morta di fatica nei campi di Andria, in Puglia.
Dodici ore al giorno per 27 euro di paga.
La Procura di Trani, dopo aver indagato ha proceduto a far arrestare sei persone per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in base alla legge del 2016 contro il caporalato.
Sono stati arrestati il responsabile dell’agenzia interinale che pagava 2 euro e mezzo l’ora Paola, alcuni collaboratori e qualche altro delinquente che si occupava dei trasporti nei campi in condizioni bestiali.
Sul lavoro si muore da sempre, dalla costruzione delle mura di Gerico.
E dunque che le morti sul lavoro non siano una novità è noto, ma altrettanto noto è che da qualche decennio esistono normative molto stringenti a tutela della sicurezza e salute del lavoratori, ed esistono i modelli organizzativi e i Codici etici, di cui ormai molte aziende si sono dotate. Si può dire che questa attenzione ha fatto sì che negli ultimi trent’anni, in Italia, gli infortuni mortali per anno si siano ridotti di due terzi: da circa duemila nei primi anni ’80, ai circa seicento dello scorso 2016. Sempre troppi, certamente, ma il trend è positivo e va mantenuto.
Che cosa c’è di più a dire del caso citato? Che non solo le condizioni di lavoro erano disumane e disumanizzanti, ma anche il trattamento economico era sotto ogni minimo di sopravvivenza, in violazione della Costituzione e del contratto agricolo sezione avventizi. Una vergogna indicibile, segno di disumanità e feroce cinismo sfruttatore, segno di malattia sociale e di connivenze insopportabili, segno di lentezza burocratica nei controlli degli istituti e di addormentamento forse doloso degli stessi sindacati.
Il caso fa rabbia irresistibile e grande tristezza, attestando come vi siano ancora angoli del mondo, e della nostra stessa Italia, dove per anni si può impunemente maltrattare le persone fino a farle morire di inedia e di fatica. Mi auguro che i responsabili paghino il fio dei loro crimini davanti alla legge, ma ancora di più che si vergognino per il resto dei loro giorni.
Altro fatto. Follonica (Grosseto), 23 febbraio 2017. Tre dipendenti di un supermercato
“…hanno rinchiuso due donne nomadi in un gabbiotto dove si trovano i cassonetti per la carta, hanno ripreso con un telefonino le loro urla e gesti disperati perchè volevano uscire dalla improvvisata prigione, poi hanno postato il video sui social: per questo tre addetti di un supermercato di Follonica sono stati denunciati dai carabinieri ai quali le donne si sono rivolte dopo essere state liberate. La Procura di Grosseto ha aperto un fascicolo per sequestro di persona. La “prigionia” delle due donne, sorprese dagli addetti a prendere carta e cartone dai cassonetti, è durata pochi minuti ma il video postato su facebook ha totalizzato oltre 200mila visualizzazioni, tra cui molte approvazioni tipo mi piace. Nelle immagini si vede il gabbiotto e due degli addetti che ridono e dicono alle due donne, che si trovano oltre una parete del gabbiotto, di che non si doveva entrare in quell’area, mentre un terzo riprende la scena. Poi l’inquadratura si sposta sulla parte superiore del gabbiotto, coperta da sbarre, e si vedono le due donne urlare e disperarsi. Dopo la loro liberazione, quasi sicuramente ad opera degli stessi addetti, le due donne si sono rivolte ai carabinieri.” (dal web)
Se fossero stati rinchiusi due gattini o due cagnolini vi sarebbe stata la sollevazione del web.
In questo caso, invece, è apparsa l’autorivelazione della verità di Gauss: il centro e un lato della sua campana sono popolati da imbecilli, cretini, vigliacchi senza volto e senza onore, che infestano la rete come un’epidemia, uebeti followers di loro consimili (i tre dipendenti del supermercato).
Post correlati
0 Comments