Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

both sides of story

Caro lettor d’inizio settimana,

abbiamo bisogno di sentire sempre tutti e due i lati della storia, canta Phil Collins con il suo timbro tagliente, nel senso di non accontentarsi mai della prima versione del racconto, o delle semplificazioni banalizzanti.

Le cose sono sempre più complesse, o almeno più complicate di quello che sembrano (Cf. De Toni e Comello, Prede o ragni, UTET 2004). Se sono anche solo complicate meritano di essere spiegate, come si spiega un lenzuolo ripiegato, ma se sono complesse devono essere interpretate nelle loro infinite sfumature, senza la pretesa di capirle fino in fondo. Ogni cosa infatti è l’esito di infinite concause e circostanze, è figlia delle azioni umane libere e degli incroci causali inaspettati o caso, è figlia del de-stino, come cosa-che-sta-lì, ineluttabile, fin dalla fondazione del mondo (cf. Apocalisse 22 e E. Severino), dove stanno gli eterni essenti.

Mi interessa solo il riff della ballata struggente di Phil, ché il resto del testo non c’entra con quello che sento io.

Quello che sento io è unico, come quello che senti tu mio lettore, o quello che sente ciascuno di noi, di voi, di loro. Prima ancora di essere giusto o ingiusto, prima di essere corretto o sbagliato, prima di essere morale o immorale, prima di essere qualcosa, ciò che si sente è, prima di ogni cosa del mondo, prima della creazione nel tempo del tempo, semmai il tempo abbia avuto inizio.

E ogni cosa, fatto, atto, tema o problema ha almeno due lati, se non di più, da guardare e da comprendere. Com-prendere, che vuol dire prendere-dentro, non capire, che vuol dire imprigionare, catturare, come una preda. E nessuno è preda tra gli umani, anche se vi sono molti cacciatori. Nessuno è preda perché nato da un atto di libertà, pur se non interpellato, ma libero di dover andare, di essere per morire, ma prima per vivere, nell’unica vita vera che ci tocca, mentre la tocchiamo e la respiriamo, e la amiamo, anche nel dolore.

Il vero viene prima del buono, anzi coincide con esso, ma viene prima, perché il buono senza il vero non resiste, sparendo in un attimo, negato nel suo stesso fondamento.

Per questo ogni storia umana deve avere il suo tempo, ogni sguardo il suo destino, come atto eterno nell’universo, che non conosciamo. Le vite si compiono nel tempo della loro verità, ché prima o poi appare l’orizzonte  mentre la nebbia è scomparsa, come d’incanto. E così si muove l’amore, o desiderio d’essere e di fare (un giorno dissi a un grande imprenditore che l’intrapresa è attività erotica, sorprendendolo, ma poi si convinse) nel mondo e lo muove, come Platone un tempo e più vicino a noi Einstein seppero dire.

Musica in auto mentre viaggio verso il Centro Italia per una visita carceraria, e domani un seminario teologico a Bologna. Uno stacco di meditazione sul dolore e il limite.

Se incontrassimo una stella di neutroni o un black-hole  non sopravvivremmo, e la nostra verità scomparirebbe nel nulla-tutto del cosmo, ma… grazie a Dio la stella di neutroni è nell’abisso cosmologico e domattina verrà l’alba di un giorno nuovo.

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