piccola anima
Animula vagula blandula, cantava Publio Elio Adriano, così come ci ricorda Marguerite Yourcenar ne “Le memorie” del grande imperatore.
Oh piccola anima vaga, bella nella tua piccolezza, ma grande nella tua unicità, dove sei, dove vivi, in che luoghi ti nascondi, in quali boschi e grotte… Ma io lo so lo so da sempre.
L’anima dell’uomo è l’uomo stesso che la incarna, così come lo spirito rappresenta la sua essenza. Termini classici per definire la meravigliosa complessità dell’uman genere, biologicamente facente parte dell’ordine del primati, ma quanto dagli altri cugini differenziatosi nei millenni!
Non pensiamo mai a sufficienza la bellezza della piccola anima che ci fa essere quello che siamo, carattere della singolarità irriducibile e della misteriosità soggettiva. Dietro gli occhi spalancati dell’uomo della donna un mondo, un universo di mondi come direbbe il grande Giordano, anzi Filippo Bruno da Nola, che Dio l’abbia in gloria, dopo che santa madre chiesa lo ha bruciato in Campo de’ Fiori nell’Urbe.
Elisa e Ermal Meta cantano invece così:
Piccola anima/ che fuggi come se/ fossi un passero/ spaventato a morte./ Qualcuno è qui per te,/ se guardi bene ce l’hai di fronte./ Fugge anche lui per non dover scappare./ Se guardi bene ti sto di fronte./ Se parli piano, ti sento forte.
E altro, dove deprecano la mancanza di rispetto per la persona. A volte le canzoni arrivano penetrando le anime fin dove i testi detti, i romanzi o i saggi non giungono. Sempre di più mi convinco che il canto, come insegnava sant’Agostino, è più potente di ogni preghiera, di ogni invocazione, di ogni ragionamento. La parola musicata tocca corde lontanissime, sepolte nelle piccole anime che siamo ognuno di noi e le com-muove, cioè le muove-insieme in un modo più completo e profondo di ogni altro agire sull’anima stessa.
Non si può seguire il percorso del moto interiore generato dal canto, ché permea il pensiero come l’acqua d’un torrente montano i sassi che incontra, bagnandoli continuamente, mentre il sole li asciuga, e poi si riprende lo spazio dell’alveo, ritraendosi con inafferrabili ritmi, e poi fuggendo lungo le sponde.
Il canto concorde di un coro, il canto solitario, il canto è sempre un cantico alla vita, come uno sguardo sonoro della voce che arriva nel cuore. I sensi tutti dell’uomo sono sorpresi dal canto, come dal suono delle campane lontane quando annunciano feste a venire. Il canto ti avvolge come una carezza superna divina, come un soffio genesiaco, come un sorso d’acqua al mattino.
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