Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

La sofferenza umana è plausibile o assurda?

Per un razionalista materialista il problema della sofferenza umana è presto risolto: siccome in natura tutto cambia, tutto si combina e si scombina e, quando tocca all’uomo che ha un bell’impianto nocicettivo, cioè capace di sentire il dolore, le cose non cambiano. Il dolore naturale ci sta, è presente, dal parto alla morte, passando per malattie e incidenti, per infortuni e aggressioni, per omicidi e guerre, per attentati e crudeltà di ogni genere.

Per un realista che crede a qualcosa di spirituale il problema è invece complicatissimo, perché interpella la presenza o l’assenza di Dio.

Hans Küng scrive a pag. 575 del suo Essere cristiani (ed. BUR, 2013) che Auschwitz costituisce lo scandalo massimo della storia umana anche come interpello a Dio, un Dio strano, che pare sordo e cieco di fronte a quell’azione. Pierre Bayle e Feuerbach prima, Nietzsche e Freud poi hanno smascherato un’immagine di Dio vendicativo, così come i dualisti manichei e Marcione, e tra noi oggigiorno anche Mancuso Vito, novello marcionita manicheo, novello Agostino junior, che vuole uccidere “Deus”-Jahwe, per tenersi il Dio padre buono di Gesù di Nazaret. Ma Dio, se è Dio, come può essere malvagio? Oppure parzialmente potente? O indolente?… se guarda e non interviene nel grande male? Questo si chiedevano i “maestri del sospetto” sopracitati.

Solo il grande Leibniz, sulle tracce di Agostino, ha provato a parlare di una teodicea, cioè una filosofia della storia dove Dio si manifesta nel tempo rispettando la libertà dell’uomo, e quindi la presenza del male si dà in vista di un bene futuro… Non facile da accettare.

In realtà, l’uomo ha bisogno di essere redento, per poter diventare sempre più tale, ominizzandosi. Credo fermamente che solo la redenzione giunge fin nei precordi profondi dell’umano, superando il fisico e lo psichico, e arrivando al vero strato profondo dell’umana filogenesi.

Forse può aiutare ancora, come da più di duemila anni, leggere Giobbe, che mostra come si può credere in modo incrollabile in Dio, nonostante il male stupido e inspiegabile. Il male non si spiega e neppure si interpreta, perché il male, come carenza di bene, appartiene al vero senza avere un’essenza. Il male è vero ma puramente esiste, senza essere.

E allora ha qualche senso anche l’assurdo, il sacrificio, cioè il rendere-sacro qualcosa, della Croce, il nazareno inchiodato e morente, abbandonato dagli uomini e anche da… Dio. Ma no, da Dio no.

L’insensatezza della morte di Gesù di Nazaret è l’unica spiegazione del male del mondo, che quella morte espia fino in fondo. Non c’è altro, se non l’assurdo. E perché non sia assurdo e anodino questo nostro stare al mondo, accompagnati dal dolore. All’uomo, a me a te gentile lettore, spetta di decidere: se la morte di Gesù sulla croce sia veramente l’offerta di senso che cerchiamo. Espiazione vicaria, spiegava a teologia il padre Cavalcoli, sbeffeggiato sul web da un branco di stronzi. Che altro può essere se non questo, il senso di ogni desolazione, dolore, sofferenza, mancanza, privazione?

La morte di Gesù il nazareno è segno della com-passione di Dio, che guarda alla nostra libertà, tentato di togliercela per il nostro bene, perché anche Dio è tentato dalla bontà, ma poi si pente e ci lascia liberi nell’errore, e perfino nel crimine.

Dio si pente, come è raccontato in tanti passi biblici, perché Dio è a nostra immagine, o al contrario, e a volte modello, o idea della grandezza e del limite.

Oh mio Dio, aiutami a essere qui a questo mondo cercando la verità su di me.

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