L’insostenibile leggerezza dell’essere?
Sopra riporto il titolo del famoso romanzo di Milan Kundera al modo interrogativo… perché?
Forse perché la forma interrogativa si pone necessariamente se si passa dalla dimensione esistenziale dell’essere a quella metafisica.
Infatti, l’essere come struttura portante dell’esistere è altro rispetto all’essere sostanziale di ciò-che-è, cioè dell’ente in quanto ente, l’essere in-comune.
Faccio un esempio tratto da poesia suprema: in chiusura del Paradiso (vr. 115, 33o canto) Dante canta così “Ne la profonda e chiara sussistenza (…), riferendosi all’apparire della Santissima Trinità al Poeta e a Beatrice.
Ma ciò che si pensa di capire è poco, pochissimo, se ci si riferisce a una mera parafrasi del testo. Che cosa è la “sussistenza” profonda e chiara? che cosa l’essenza? Perché ha da essere leggera l’essenza?
La sussistenza è metafisicamente ciò che sussiste, come anche noi umani viventi sussistiamo esistendo, epperò non autonomamente, perché siamo dipesi da chi ci ha messi al mondo e dipendiamo dalla Natura o da Dio se si crede, ma nel caso della Trinità è ciò che sussiste in sé e per sé, senza bisogno di alcun’altro ente.
Che cosa intende Kundera e che cosa Dante usando una terminologia metafisica, cioè espressioni che vanno al di là della fisica?
Mi pare che il titolo dell’autore boemo ci offra un indizio, l’ossimoro costituito dall’aggettivo “insostenibile”: la leggerezza dell’essere è insostenibile, ed è insostenibile perché non è leggera, non è leggero l’essere. L’essere ha il pondus del tutto, sopporta il tutto, lo supporta, lo costituisce, ne è la natura e la forma.
E’ la physis, cioè la struttura portante delle cose dell’uomo stesso. Il grande problema, posto dagli antichi filosofi greci e modernamente soprattutto da Kant e poi da Heidegger, è “che cosa si possa sapere della vera natura-forma-essenza delle cose, che cosa di ciò che appare-all’essere corrisponde realmente alla struttura essenziale sussistente dell’ente stesso che appare“.
Io, in quanto ente-uomo, come sono realmente nella mia verità sussistente rispetto a ciò che sembro essere? Quanto di me risulta evidente e certo, e di cui si può dire “è-così”, e quanto invece resta dentro una nebulosità indefinibile e inconoscibile? E così di ogni altro essere umano?
Siamo veramente sorpresa a noi stessi, a volte in situazioni ordinarie, quando reagiamo in modo inopinato o nuovo, ma specialmente in quelle situazioni che Jaspers definisce come estreme, come quando siamo in pericolo, o quando è in pericolo un nostro caro. Siamo sempre noi, ma allora viviamo esplorando dimensioni che non si sono note, aspetti del nostro essere che potrebbero rimanere sempre latenti, se non su-scitate all’esistenza da un qualcosa di straordinario che accade.
A me è capitato. Ho scoperto recentemente aspetti della mia struttura esistenziale, della mia sussistenza, che non conoscevo, e il movente è stata una grenz Situazion, come spiega Jaspers, una situazione di estremo stress che mi ha rotto argini e difese che avevo costruito per anni, rivelando a me stesso aspetti nuovi e inaspettati. Chi mi conosce bene, in pochissimi, due o tre persone, sa di che cosa parlo. Altri forse possono intuirlo, se sensibili e intelligenti, anche se mi conoscono poco o poco mi frequentano, perché sono selettivo e solitario.
E dunque è vero che l’essere ha una leggerezza insostenibile, perché è nientemeno che la nostra stessa essenza umana o, meglio, ciò che la fa essere-ciò-che-è.
Non è un giro di parole, lettor mio caro, è un tentativo di esplorare la verità e la complessità del nostro stare-al-mondo, per quanto possibile.
E allora, caro lettore, scusiamoci per le nostre miserie ed errori, scopriamo la nostra coscienza ed esaminiamola, verificando le volte che abbiamo offeso noi stessi offendendo gli altri, e ringraziamo l’Incondizionato che ci fa esistere nel Suo Essere .
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