Ciò che è profondo è sempre lento a realizzarsi
…come non si stancava mai di insegnare il carissimo Alexander Langer, la cui nobile figura di intellettuale e di politico, man mano che passa il tempo e la mediocrità della politica e della comunicazione sociale si fa più evidente, si staglia sempre di più nella sua grandezza umana, almeno nel mio orizzonte spirituale e culturale. Nel mondo mediatico al posto di Langer oggi abbiamo uno come Saviano, coccolato e presenzialista, tuttologo presupponente o addirittura spesso arrogante. Oppure una Boldrini o un Fabio Fazio, per tacere dei politicanti. Un bel crollo della diga intellettuale.
Alexander collegava ciò che è più lento (lentius), a ciò che è più dolce (dulcius) e infine a ciò che è più profondo (profundius), mettendo in guardia da ciò che è troppo veloce perché improvvisato, non ponderato e irrispettoso del pensiero altrui (citius, altius, fortius). Con ciò non invitava alla mollezza di sentimenti e alla lentezza delle azioni da compiere, perché utili o necessarie, ma all’uso della ragione argomentante e alla ricerca di creare alleanze trasversali unificanti tra culture etiche e politiche diverse, sottolineando il valore della condivisione di ciò che è importante per tutti, piuttosto che il porre l’enfasi su ciò che differenzia le persone e i gruppi, privilegiando questi o quelli per ragioni di primazia intellettuale o di mero potere. Lezione straordinaria per tempi come i nostri, quando è più importante dire o fare la cosa che si aspetta un pubblico talora distratto e talora manipolabile, specialmente dai nuovi media “sociali”, piuttosto che la cosa giusta da dire o da fare, anche se magari potrebbe risultare impopolare. C’è chi si affida ai blog per verificare le opinioni del proprio “popolo” e chi fa le “primarie” per stabilire le leadership interne, c’è chi auspica sempre le elezioni anticipate e chi teme di scomparire alle prossime elezioni, cosa che può succedere, perché i partiti sono strutture spesso volatili, specialmente da qualche decennio.
Il pensiero del personale politico in questi anni si è progressivamente impoverito, stereotipato, involuto, perché i politici sono sempre più ignoranti e superficiali, con poche, rarissime eccezioni: in generale, basta ascoltarli quando prendono la parola su argomenti che presuppongano un minimo di conoscenza disciplinare specifica, ad esempio sui temi etici della persona umana e di morale sociale, di politica ed economia internazionale, di scuola e istruzione, di sanità e assistenza: quasi sempre è un profluvio di parole imprecise, generiche, a volte fuorvianti, sempre “politicamente” di parte, insomma un disastro concettuale e comunicazionale.
Nel mondo dell’economia mediatica si aggirano furbastri che a volte hanno più spazio degli innumerevoli imprenditori seri che tengono su l’Italia insieme con i ventisei milioni di lavoratori ogni giorno pronti a fare il loro dovere in fabbrica, nei negozi o in ufficio. In questo ambito generalissimo troviamo i cosiddetti “corpi intermedi”, cioè sindacati e associazioni di categoria, che hanno raggiunto a parer mio (ne tratto in un post pubblicato qui qualche giorno fa, per quanto riguarda i sindacati dei lavoratori) il loro minimo storico contemporaneo, per qualità ed efficacia.
Se volgiamo la nostra attenzione al mondo della comunicazione troviamo un bailamme indescrivibile tra pay tv, social, blog, siti di tutti i tipi, approssimazioni wikipediche, e tant’altro che spesso è autentico pattume, su cui si innesta l’intervento della miriade di sacrosanti idioti che il sistema oggi permette di leggere in rete.
Gente che scrive perché può farlo, non perché abbia qualche cosa da dire, e allora si tratta di sfoghi, insulti, turpiloquio, minacce e altro dell’osceno armamentario dei peggiori sentimenti, così come sono pubblicati dal sistema telematico, senza rete e senza alcun criterio veritativo, o almeno estetico.
Potrei continuare l’elenco di ignominiose situazioni descrittive di un mondo in trasformazione rapidissima, dove trovano spazio tutte le ragioni e tutte le sragioni, tutti i fatti ma specialmente i misfatti, i delitti, le catastrofi, le disgrazie, i cataclismi, le guerre, gli atti terroristici, le ecatombi (in greco significa “strage dei cento buoi”), le devastazioni, le apocalissi, che significa, sempre in greco, “rivelazioni”, ma per i giornalisti è sinonimo di disastro, tragedia, catastrofe e via andando… mentre quasi si tace sugli innumerevoli fatti positivi, sul lavoro ben fatto di tanti professionisti, operai, imprenditori, agricoltori, medici, infermieri, casalinghe, insegnanti, venditori, impiegati, militari, poliziotti e anche preti e religiosi (la maggioranza tra non pochi indegni), che tengono su l’Italia e il mondo.
La finisco qui con un atto di fiducia nei giovani che vedo crescere, studiare con gusto e passione e iniziare a lavorare, giovani che curo e di cui mi occupo sia nella fase finale degli studi sia nella fase di inserimento al lavoro, sempre più convinto che io -con la mia esperienza e con i miei saperi- debba darmi da fare per aiutarli, nel mio piccolo di aziende e mondo formativo, a prendere progressivamente in mano, e meglio, quello che gli lasceranno le generazioni precedenti, compresa la mia.
Ed esprimo qui un atto di fiducia e un sentimento di speranza.
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