Ricostruire le relazioni nella vita che cambia
…è compito diuturno dell’uomo, sia nella normalità, sia in condizioni eccezionali, come dopo un disastro. Le comunità umane sono naturalmente solidali, oltre ogni riflessione razionale, oltre gli schieramenti di parte e le passioni temporanee. In tempo di guerra si è assistito a incredibili episodi di solidarietà tra “nemici”: basti pensare al comportamento delle babuske ukraine verso i nostri alpini in ritirata dal Don nell’inverno atroce del ’43.
Un evento eccezionale cambia la vita all’improvviso, anche in tempo di pace. Un terremoto, un’alluvione, un incendio, un’epidemia. Gruppi consolidati e coesi da tempo vengono spezzati, e spazzati via dal turbine di ciò che improvvisamente accade. Il primo sentimento che prende le singole persone è lo sconcerto, un senso di spaesamento forte e sulle prime devastante. E’ allora che accade qualcosa di nuovo e talora di inatteso: il reticolo delle vecchie relazioni, più fitto e certamente più disordinato di una ragnatela, non esiste più, ma comincia a costituirsene uno nuovo, completamente diverso. Chi faceva parte del “vecchio gruppo”, magari si tratta di un intero reparto aziendale, si incontra con persone che conosceva solo di vista, o giù di lì, e qualcosa accade. L’uomo sa, d’istinto, che solo fare causa comune può salvare “dalle belve della foresta” o da altri pericoli. Solo l’alleanza tra simili può permettere di superare ostacoli altrimenti invalicabili, in solitudine. E dunque inizia a crearsi un reticolo di nuove relazioni che pian piano costituiscono rapporti a due, a tre, a gruppi, dove le varie “chimiche” individuali si percepiscono, si annusano, con i vari recettori psico-biologici, e danno feedback, resistono, si adeguano, empatizzano e simpatizzano, oppure, al contrario, magari all’inizio antipatizzano. Misteriosi e inconoscibili canali di comunicazione entrano in funzione a vari livelli, da quello limbico a quello corticale, guidati dalla biologia e anche dal sentimento e dal senso del gradimento.
A volte le persone temono questo cambiamento radicale, perché toglie le “sicurezze relazionali” di prima, perché prima uno sapeva come doversi regolare con tizio o tizia, conosceva i caratteri, le possibili reazioni, i linguaggi e perfino il lessico base di quel collega, e ora non più. La nuova rete è un mare ignoto, pieno di trabocchetti e di mulinelli infidi, dove può accadere qualsiasi cosa, inaspettatamente, o con maggiore o minore gradevolezza. La precedente “zona di conforto” non esiste più, sostituita da un indistinto rumore di fondo che a volte sconcerta e disorienta, e a volte preoccupa. Basti pensare a come si costruiscono le équipes di lavoro, quanta cura deve essere posta per coniugare bene esperienza professionale, determinazione e potenziale, là dove, se si sbagliano i pesi e le misure di quei tre elementi costitutivi essenziali si può determinare un danno significativo in termini di efficienza operativa e di qualità relazionale.
Di importanza fondamentale è invece essere consapevoli che il cambiamento, anche in questo senso e con queste modalità, può apportare un enorme valore al nuovo gruppo e alla struttura sovrastante, che sia un’azienda, una scuola o un’entità collettiva di qualsiasi altro genere, poiché rimescola le carte, toglie alibi e pastoie legate a consolidate e a volte inveterate abitudini e comodità relazionali, che spesso contribuiscono a un sostanziale invecchiamento della struttura e alla sua obsolescenza. Certamente tutte le novità sono impegnative, ma sono nello stesso tempo una salvaguardia quasi fisiologica nei confronti del rischio di un impigrimento mentale e quindi operativo e gestionale.
Se non imposto o dettato da drammi e a volte tragedie più grandi di noi, è meglio che preveniamo l’invecchiamento delle strutture operative, pre-vedendo di cambiare ruoli e funzioni quasi per metodo, utilizzando la job rotation come una via per stimolare i neuroni a produrre sempre nuove sinapsi e collegamenti intelligenti. Ogni dramma umano, e perfino ogni malattia e ogni dolore fisico e psichico, se giustamente collocati nell’economia di una o di molte vite, possono costituire un’opportunità di crescita morale e spirituale, per uno o per molti, non importa, ché anche la crescita di una sola persona è un bene prezioso per il mondo, come lo è la sua vita.
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