1917 Ottobre Rosso / 2017 ottobre sbiadito
Di fronte allo squallore politico attuale da tempo mi vien da rivalutare quel tempo di giganti, ma non perché io sia stato da sempre un po’ russofilo (in effetti lo sono, pieno di ammirazione per quella grande Nazione e quel popolo valoroso), o men che meno comunista (io sono stato socialista fin da ragazzo e lo sarò finché vivrò, scelta per me definitiva, confortato anche da Umberto Terracini, co-fondatore nel ’21 a Livorno del Partito Comunista d’Italia, che negli anni ’70 disse: Turati aveva ragione nella scelta socialista, gradualista, riformista), bensì perché dal confronto tra allora e oggi i nani politici odierni escono schiacciati da quelle drammatiche ma gigantesche figure, ebbene sì, anche da quella di Stalin, il georgiano di ferro.
Il 25 ottobre del 1917 veniva preso il Palazzo d’Inverno a Pietrogrado ed aveva inizio “ufficiale” la Rivoluzione dei Bolscevichi guidati dal genio risoluto di Vladimir Ilich Ulianov, Lenin, accompagnato nella sua temeraria avventura da Lev Davidovic Bronstein, suo migliore sodale, cioè Trotskij, da Stalin, da Kamenev, da Zinoviev, Bucharin, e da altri “compagni” di quelle prime ore. Era il 25 ottobre del calendario giuliano, ancora in uso nella Russia zarista, mutuato dalla tradizione della chiesa ortodossa, e corrispondeva al 7 novembre del calendario gregoriano in uso in Occidente fin dai tempi di papa Gregorio Magno.
La conquista del palazzo di Nicola II Romanov in realtà era soltanto una fase, pur importante, del processo rivoluzionario, iniziato con i moti di febbraio, ma in gestazione da almeno un quindicennio, dai tempi della strage della “domenica di sangue” quando un migliaio di pietrogradesi furono sterminati dalle guardie imperiali mentre chiedevano, accompagnati dal pope Gapòn, in processione dietro labari religiosi, solo pane e lavoro. L’autocrazia zarista era giunta al termine, per ragioni legate sia all’inadeguatezza del sovrano, sia alla nefasta condotta nella guerra mondiale che era scoppiata tre anni prima, con rovesci clamorosi da parte dell’esercito russo più volte battuto dagli eserciti degli Imperi centrali comandati dai generali von Hindenburg e Ludendorff (Laghi Masuri, Tannenberg, etc.).
Lenin, negoziatore Trotskij, concluse la pace a Brest-Litovsk per dedicarsi alla Rivoluzione. E così ebbe inizio tutto, che non si fece mancare nulla: né ulteriori guerre con la Polonia (consiglio di leggere L’armata a cavallo di Isaak Babel), né la devastante guerra civile tra i Rossi, guidati da Trotskij e i Bianchi dei generali Denikin e Iudenic. Nel 1924 muore Lenin a cinquantaquattro anni, per un ictus e le sue conseguenze e, nonostante le sue raccomandazioni in senso contrario, gli succede proprio Stalin, e nasce l’Unione Sovietica, che per settant’anni fu protagonista primaria in pace e in guerra della grande Storia di questo mondo. Fino a Khruscev, a Gorbacev, a Eltsin e a Putin, per certi versi prosecutori di tutta questa storia russa otto-novecentesca e anche di quella antecedente.
Perché l’orso russo ha fatto sempre tanta paura all’Occidente? Qui il tema si fa intrigante e mi sforzerò di esplorarlo un poco. Secondo me si tratta di una storia legata innanzitutto, e ciò potrebbe sembrare strano, all’evoluzione del cristianesimo dopo la fine dell’Impero romano d’occidente, verso il VI secolo. Quando la capitale dell’Impero si stanziò più che a Roma (o a Milano o a Ravenna, capitali temporanee di ciò che restava dell’Impero occidentale), a Bisanzio o Costantinopoli, fu il cristianesimo, come religione di stato, a partire dal regno di Teodosio I il Grande, a menare le danze. Anche se i primi concili ecumenici della “grande chiesa” venivano convocati dall’imperatore, da Nicea 325 (da Costantino), a Costantinopoli 381 (da Teodosio), Efeso, Calcedonia, etc., era la teologia dei patriarchi a farla da padrona. Erano i patriarchi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli stessa, e il papa di Roma a proporre e disporre le scelte dottrinali che ormai avevano anche una valenza politica. Sulle strade dell’Impero romano si diffuse il cristianesimo in tutte le sue varie versioni e sette. Anche nell’oriente europeo, quando fu accolto con tutta l’ufficialità, più o meno ai tempi dello scisma di Fozio (IX secolo), dal principe Vladimir di Kiev.
Nel 1054 avvenne poi lo scisma tra chiesa di Roma e chiesa d’Oriente con le reciproche scomuniche tra il patriarca costantinopolitano Michele Cerulario e il legato del papa cardinale Uberto da Silva Candida, separazione tuttora in atto su due temi che oggi sembrano di lana caprina e che dirò tra breve, ma che hanno diviso per il passato millennio il mondo cristiano tra cattolici e ortodossi. Ecco, gli orientali si sono voluti chiamare ortodossi, cioè portatori della retta fede, mentre gli occidentali hanno tenuto il nome universalistico di cattolici, che significa in greco “secondo il tutto”, da una cui costola nel XVI secolo si dipartì il Protestantesimo di Lutero e Calvino. Chi è più fedele alla tradizione gesuana ed evangelica tra le due confessioni cristiane? Tutte e due egualmente, in quanto le differenze consistono semplicemente in questo, e si tratta di due elementi meramente teologico-liturgici: a) nel Credo, o Simbolo niceno-costantinopolitano, (dai due concili in cui si stabilì il testo definitivo tuttora in uso) per gli ortodossi lo Spirito Santo (terza Persona della SS. Trinità procede dal Padre attraverso il Figlio, visione subordinazionista del Figlio al Padre, tipicamente orientale, monofisita, alessandrina, origeniana), mentre per i cattolici lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio (visione consustanziale tra Padre e Figlio, che sussiste nel Padre fin dalla fondazione del mondo); b) il pane eucaristico per gli ortodossi deve essere salato, per i cattolici azzimo. Ecco: quasi tutto qui, il resto è storia di contrasti e di culture sviluppatasi diversamente in un millennio.
La Russia ha fin dagli inizi avuto l’imprinting del Padre, innanzitutto. Padre che poi si è incarnato nella figura dello zar, csar, cioè caesar, fin dai tempi di Ivan il Terribile e poi di Pietro il Grande, e poi… perché no, di Stalin, di Eltsin, di Putin. Tant’è che Stalin, soprattutto dopo la vittoria sui nazisti nella Grande guerra patriottica, così in Russia viene definita la Seconda guerra mondiale, nella quale i russi-sovietici furono decisivi per la sconfitta di Hitler con 26 milioni di morti in battaglia, veniva chiamato anche “piccolo Padre”, quasi figura del Padre!!!
Un altro dato storico importante ci illumina sulla progressiva acquisizione di centralità della chiesa ortodossa russa: quando nel 1453 Mehmet II, sultano turco, conquistò Costantinopoli, si può dire che iniziò il declino di quel patriarcato, cattedra di sant’Andrea, che per quasi un millennio e mezzo aveva in qualche modo conteso a Roma la primazia cristiana, ecco che progressivamente fu la Moscovia, cioè la Russia ad avere sempre più importanza, e il patriarca di tutte le Russie, tal ché nei secoli successivi Mosca stessa fu definita come la “terza Roma”.
E non dimentichiamoci che la Russia in cent’anni o poco più ha subito tre invasioni da Occidente: nel 1812 fu Napoleone con la Grande Armèe che si fermò alle porte di Mosca; nel 1914 il Kaiser Guglielmo II vi arrivò vicino, nel 1941 ci provò Hitler, con esiti infausti e a un prezzo terrificante per tutti. La paura di una Russia espansionista è fuori luogo, e in questa ottica si comprende anche la preoccupazione che fu di Stalin, il quale volle gli stati satelliti attorno all’URSS, e anche di Putin cui la Nato fa manovre ai suoi confini e vorrebbe annettersi l’Ucraina, e sarebbe come se l’Armata russa (ex rossa) facesse manovre sugli altipiani della Sonora in Messico, per gli USA, con dubbio gradimento di questa grande Nazione di Nazioni, Vero?
La Russia come potenza e spirito autocratico di origine asiatica, beh forse anche, ma non solo, perché la Russia è ben insediata con la sua cultura nel mondo globale, ed è ben viva e riconoscibile con la sua letteratura, la sua musica, la sua sensibilità artistica, la sua capacità immaginativa e di sacrificio.
Qui non voglio moraleggiare, e ciò s’ha da fare sempre in modo serio, sui crimini di Stalin, come li denunziò Khruscev durante il XX congresso del Pcus nel 1956, né sull’ambiguità di Togliatti o di altri dirigenti del Comintern, troppo spaventati dal georgiano per saper prendere posizioni autonome, ché la Lubianka di Berja e la Siberia erano sempre pronte all’accoglienza dei dissidenti. Desidero sottolineare come la russofobia sia irragionevole, così come il filo-bolscevismo di tanti intellettuali borghesi occidentali, tutte e due posizioni discutibili e poco ragionevoli. Se è vero che la Russia sta conoscendo -faticosamente- solo da un quarto di secolo un po’ di democrazia, è altrettanto vero che le democrazie occidentali non sono dei fiorellini profumati: basti pensare al colonialismo franco-inglese, autore di devastazioni smisurate in giro per il mondo, e in particolare nel Vicino oriente (l’Isis è figlio legittimo di Sykes-Picot, che negoziarono nel 1917 la spartizione in stati fasulli e raccogliticci di pezzi di popolazioni e etnie diverse, e dei criminali errori politico militari dello squallido duo di pagliacci Bush Jr./ Blair in tempi più recenti), oppure la pretesa USA di costituirsi, sulle rotte del petrolio, gendarme del mondo, dottrina appena scalfita, e in modo sgangherato dal forse troppo sopravvalutato presidente Obama.
Ecco perché, ricordando l’Ottobre rosso di cent’anni fa mi sembra giusto riconoscere la grandezza, anche se a volte tragica, di quei personaggi che lo fecero, e fanno ancora più risaltare il divario tra loro e quei nani che oggi si agitano ovunque, ma specialmente nel Parlamento italiano a discutere di riforme elettorali, di rottamazione di tizio e di caio, e hanno le facce insignificanti di un Di Battista, di un Rosato, di un Salvini, di una Meloni, di una Boldrini, di un Toti, e ve ne sono centinaia così, e qualche migliaio su scala nazionale.
Viva la Rivoluzione di Ottobre, dunque? Anche sì, perché ci costringe a leggere la storia con gli occhiali dritti, dando il giusto valore alle cose, anche nelle loro dimensioni tragiche, che la Storia non ci risparmia.
Quell’ottobre del 1917 ha certamente avuto il colore rosso della passione e del sangue, ma questo ottobre, al confronto, è proprio sbiadito, mio caro lettore.
Post correlati
0 Comments