Gli eroi fucilati di Cercivento e i veri traditori della Patria
Non i quattro alpini fucilati all’alba a Cercivento per codardia di fronte al nemico, ma Pietro Badoglio (marchese del Sabotino e duca di Addis Abeba nientemeno!) avrei inviato al plotone di esecuzione per alto tradimento dopo la rotta di Caporetto.
“La Decimazione di Cercivento (1 luglio 2016), conosciuta anche come I fucilati di Cercivento (I fusilâz di Çurçuvint in friulano), identifica la decimazione di un intero plotone composto da ottanta Alpini dell’8° Reggimento appartenenti alla 109ª Compagnia del Battaglione Monte Arvenis allora operante sul Monte Cellon, nei pressi del passo di Monte Croce Carnico, accusati dal proprio Comandante di Compagnia, il capitano Armando Ciofi e dal suo vice tenente Pietro Pasinetti, d’insubordinazione e ribellione.
In base all’articolo 114 del codice penale militare: rivolta in faccia al nemico, per quattro Alpini le accuse del tribunale portarono alla condanna a morte, per altri ventinove a 145 anni di carcere complessivi e per i rimanenti militari in assoluzione.
Le esecuzioni capitali vennero eseguite davanti al muro di cinta del piccolo cimitero di Cercivento (Udine).
- Caporal maggiore Silvio Gaetano Ortis da Paluzza (UD), 25 anni, contadino
- Caporale Basilio Matiz da Timau (UD), 22 anni
- Caporale Giovan Battista Corradazzi da Forni di Sopra (UD)
- Soldato Angelo Massaro da Maniago (PN)” (dal web)
“La battaglia di Caporetto, o dodicesima battaglia dell’Isonzo (in tedesco Schlacht von Karfreit, o zwölfte Isonzoschlacht), venne combattuta durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito Italiano e le forze austro-ungariche e tedesche.
Lo scontro, che cominciò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, rappresenta la più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa.
Con la crisi della Russia dovuta alla rivoluzione, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quelli occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici, con l’apporto di reparti d’élite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell’Isonzo, non ressero all’urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave.
La sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici imputando le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti) con Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave riuscendo a difendere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna.” (dal web)
In realtà, la responsabilità di Caporetto non può essere in alcun modo fatta ricadere sulle truppe, sui soldati, stanchi, feriti, offesi da trenta mesi di trincea, di fango, di puzzo di morti, di sangue malattie e infezioni, ma sui gruppi dirigenti, sui comandanti, a partire dall’inetto presuntuosissimo Cadorna, che stava giocare a carte in via Mercatovecchio a Udine mentre la truppa moriva dissanguata sul San Michele, sul Podgora, sul Sabotino, e ai suoi luogotenenti, in primis l’altro generale presuntuoso e incapace, Pietro Badoglio, che ignorò l’avanzata degli austro-tedeschi, che gli passarono sotto il naso a Caporetto, pur avendo i mezzi per opporre resistenza valida. Poi il fascismo, per pelosa carità di Patria lo resuscitò, facendo damnatio memoriae di Caporetto, per non ledere la grandezza della storia patria, e infine… si ricordi, fu recuperato dopo l’8 settembre come Capo del governo provvisorio post-mussoliniano, e anche in quel ruolo ebbe l’ardire di diffondere un comunicato ambiguo e nefasto per il povero Esercito italiano: annunciò l’armistizio di Cassibile con gli Alleati invitando le truppe a rispondere a ogni attacco proveniente da altrove, cioè dagli ex alleati tedeschi, i quali, sentendosi -giustamente dal loro punto di vista- traditi, si affrettarono a disarmare gli italiani e ove questi non si arrendessero ad attaccarli e, come a Cefalonia, a ucciderli tutti, come ci narra l’eroica vicenda del generale Gandin.
Per due volte Badoglio è stato nefasto per la Patria, ed è morto tranquillamente nel suo letto nel 1956, glorioso per due volte (si fa per dire) solo in Etiopia, dove adoperò anche l’iprite contro le popolazioni locali, e nella guerra italo-turca del 1911. Un bel soggetto questo immarcescibile generale piemontese, sgradito a tutti e carrierista di successo. Così a volte vanno le cose.
A fronte di quanto sopra, circa i quattro eroi fucilati a Cercivento, silenzio di tomba, anche da parte del Parlamento repubblicano. Ma c’è qualche coraggioso parlamentare che a cento anni di distanza temporale promuove una riabilitazione giuridica e morale per i quattro ragazzi vittime della sesquipedale stupida inqualificabile ignominiosa idiozia militare, in modo che i loro nomi recuperino l’onore dall’ignominia della fuga davanti al nemico?
E’ chiedere troppo onorevoli deputati e senatori friulani?
Grazie.
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É il momento della riabilitazione. Ora.
Mi riprometto di visitare il luogo della fucilazione e il monumento che ricorda quegli sventurati soldati, vittime della stupita’ di ufficiali presuntuosi che consideravano i loro sottoposti meno del cagnolino di casa. Specie Badoglio una vera canaglia che in qualsiasi Stato serio sarebbe stato passato per le armi
E’ ora di rendere gloria a questi valorosi soldati vittime della stupidità di stato. Colpevoli solo di aver indicato una via migliore di attacco al nemico, loro che erano del posto e conoscevano bene ogni sentiero, ogni anfratto. E’ anche l’ora di togliere il nome Cadorna da ogni via/ piazza/ scuola/ caserma…Se non ora, quando?
Ti ringrazio caro Ivano, condividendo ogni tua parola, Renato
Caro Enzo, quello che sottolinei è condivisibile e spero che qualche politico si muova. Finora mi risulta abbia fatto qualcosa in merito solo l’on. Zanin del PD, trovando opposizione forse in qualche potentato militare che teme di mettere in dubbio un malinteso onore di casta. L’Esercito Italiano, invece, acquisterebbe onore, a parer mio, se si muovesse nel senso che qui condividiamo, Renato
E’ anche già trascorso, ma ora si decida nel senso che tu dici, caro Paolo
qui è la vera vergogna,i generali intoccabili e vigliacchi,la truppa trattata come carne da macello, dove sono gli eroi?,viva viva gli alpini
Purtroppo, caro Paolo, speriamo che la fragile e debole classe politica attuale riesca a fare lo sforzo di riconoscere la giustizia di un atto che possa togliere dalla vergogna quei quattro patrioti
Sono di Brescia e anche io ho fatto l’Alpino (Battaglione Tirano).
Non so come in questi giorni sono venuto a conoscenza di questa storia che comunque mi ha veramente “intrigato”.
La cosa che più mi ha sorpreso e amareggiato di questa storia è stata la lettura della dura reprimenda che l’allora presidente dell’ANA di Carnia fece a quegli Alpini che osarono presenziare alla prima commemorazione che venne fatta sul luogo della fucilazione. Sono cose queste che non mi fanno rimpiangere di avere lasciato sul “cubo” il mio cappello di Alpino, con la nappina rossa, il giorno che lasciai per sempre la mia caserma di Malles.