Lo “webete”, pronunzia “uèbete”
Oh mio gentil lettore, indovina chi è, ti darò alcune tracce.
E mi aiuterà il valoroso e stimabile giornalista Enrico Mentana.
“In risposta a quelli che chiama «avvelenatori del Web», Mentana ha imbastito negli ultimi giorni una strenua ed encomiabile battaglia. E nel rispondere all’ennesimo sconosciuto che lo contestava polemizzando sugli immigrati che stanno negli hotel di lusso mentre i terremotati dormono in tendopoli, il Direttore ha toccato un nuovo apice e coniato un’offesa che dimostra come la lingua, usata da chi ne è maestro, è ancora una spada efficacissima.
Mi stavo giusto chiedendo se sarebbe spuntato fuori un altro così decerebrato da pensare e poi scrivere una simile idiozia», commenta il giornalista. «Lei pensa che il prossimo le sia simile. Ma non c’è distanza maggiore che tra il virtuoso e il virtuale: eppure per lei se uno non grufola contro gli invasori è un fake. Lei è un webete.” (dal web)
Il webete è uno che pensa di sapere e non sa, scrive molto su twitter perché non può permettersi un blog tipo questo a meno che non paghi un altro in grado di farlo, fa politica ed è già arrivato a livelli notevoli per questi tempi un po’ disgraziati, approfittando del vuoto pneumatico che lo circonda. Ha un aspetto gentile, educato, un taglio di capelli da bravo ragazzo, un eloquio solo apparentemente forbito, ché, se si sta attenti, litiga con i congiuntivi, necessari in italiano nelle frasi concessive e ipotetiche. Non conosce l’ottativo e l’esortativo. Ha frequentato un istituto superiore tra i più facili. Niente università, lavoretti qua e là. Si è candidato a capo del governo senza alcuna vergogna, e lo ha votato un italiano su tre, quasi, e tra quelli che sono andati a votare che sono un italiano su quattro. In assoluto lo ha votato un italiano su quattro aventi diritto al voto. Ha osato paragonarsi a De Gasperi, non suscitando a parer mio una sufficiente ilarità.
Torniamo al suo peccato di presunzione, perché sappiamo come questo vizio sia prodromo di un altro e più pericoloso vizio, l’arroganza, a sua volta origine della prepotenza e infine della protervia, come insegnavano Tommaso d’Aquino e Norberto Bobbio, e come ho già scritto qui recentemente.
Quello che si fa fatica a capire è come lo abbia votato un italiano su tre rispetto a chi è andato a votare e un italiano su quattro tra chi ha diritto al voto. C’è chi dice che si tratta di un voto di rifiuto dei vecchi partiti e quindi di un voto purchessia. Ma questa ipotesi non accontenta.
E ora che succederà? Ci troveremo questo semi-analfabeta capo del governo, caro Mentana? Lei ha certamente capito di chi parlo, ma anche, oso dire, tutti i miei non pochi lettori. A proposito, miei carissimi, sapete di essere quasi tremila alla settimana? Non male, vero?
Cosa si deve fare per intraprendere una strada diversa, che faccia giustizia degli ignoranti e dei webeti? Forse niente di che, perché questi sono molto diffusi: ad esempio, tra essi va annoverato l’attuale gran capo della destra, che ha una dozzina d’anni più del webete iunior, appartenendo alla stessa categoria di presuntuosi arroganti. Si tratterà di scegliere tra uno dei due per il governo, o no? Spero di no.
Vi sarà una soluzione diversa? Provo a dirla. Siccome è chiaro che ha vinto il centrodestra, checché ne dica il primo e più imberbe webete, l’unica possibilità che possa far sì che il PD, dove non mancano i webeti, ma sono meno numerosi che altrove, e perciò prendono meno voti (paradossale? non so), abbia interesse a votare per far nascere tale governo, è che il premier non sia il webete dal baffo minaccioso ma un altro, magari un veneto o un lombardo che hanno già mostrato capacità di governo nelle loro grandi regioni.
Il webete iunior, figlio della piattaforma Rousseau, intitolata a uno dei più mediocri e pericolosi filosofi moderni, dall’alto della sua scienza economica orecchiata nella Casaleggio e C. e al corso di perito turistico, mi pare, ha chiamato il prof ministro Padoan “avvelenatore di pozzi”. Lui invece è quello che promette il reddito garantito a chi cerca un reddito, magari schivando il lavoro.
Mio padre, quando non lo trovava in Italia, è emigrato in Germania, caro giggino. Ops, mi è scappato un nome.
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