L’unione laica delle forze
…politiche, suggeriva un giovane Marco (Riccardo) Pannella a Palmiro Togliatti, che preferiva la dizione “L’unione delle forze laiche”. Togliatti vedeva le cose avendo ben presente la lezione marxiana e, un poco suo malgrado, anche gramsciana dell’egemonia della classe operaia, la quale avrebbe potuto e dovuto guidare le altre forze, necessariamente “laiche”, disponibili a programmi politici di alleanza per fini condivisi.
Se esaminiamo attentamente l’espressione pannelliana, questa ha il pregio di essere concettualmente più densa di quella togliattiana, più efficace e anche più realisticamente realizzabile: intanto “unione” significa un mettere-insieme organico, ma si trova in tutte e due le espressioni; tutto cambia quando tale sostantivo è qualificato dall’aggettivo “laica”, il quale è anteposto rispetto alla frase di Togliatti. Una metatesi dell’aggettivo “laica” cambia un mondo, come nella comparazione causalità e casualità, o per causas vel per casus.
Se l’aggettivo femminile “laica” viene connesso con “unione” ecco che il senso del sintagma si rinforza enormemente, poiché significa “unione del popolo” (infatti il termine “laico” deriva dal greco làos, cioè “popolo”) mentre se si accosta a “forze” il senso diventa più astratto: “unione delle forze”. Il làos è il popolo anche secondo San Paolo, e dunque è il soggetto che agisce nella liturgia, cioè in ciò che è sacro e nel contempo è “del popolo”. Il popolo si occupa del sacro e anche della liturgia, perché non si dà liturgia senza popolo: senza popolo si dà separazione, anacoretismo, solitarietà, anche se non solitudine.
Si può stare anche da soli, magari per un tempo, ma non sempre. Quando torni da un’escursione montana, ardua, difficile, è bello tornare a valle, ri-sentire i rumori del mondo abitato, dopo aver ascoltato solo la natura, il vento tra i rami degli alberi e nelle impervie gole delle crode più alte.
La tradizione monastica cristiana e orientale ha previsto e sperimentato ambedue le forme: quella del monastero e quella dell’eremo, anche se monastero significa luogo-dove-stanno-i-soli, i monaci (dal greco mònos, solo/ uno). Il monaco sta insieme ad altri nel monastero, ma se vuole stare solo allora si porta all’eremo, come quello delle Carceri in Assisi o quello di Pietro da Morrone, sopra Sulmona, ovvero da papa, Celestino V, autore del “gran rifiuto”, secondo il canto di Dante.
Torniamo all’unione laica delle forze. Con questa espressione Pannella va oltre l’idea togliattiana dell’unione delle forze laiche, che intendeva un’alleanza esplicita fra comunisti, socialisti e, se fossero stati disponibili, anche gli azionisti, quei pochi sopravissuti al loro elitarismo, e fors’anche repubblicani e socialdemocratici. In quella fase storica i cattolici democristiani erano quelli da battere dopo l’aprile del 1948, quando avevano stravinto.
Il limite della visione di Togliatti era quello di vedere la laicità come laicismo, cioè come posizione di contrapposizione al cattolicesimo politico. Si tratta invece di considerare la laicità come una visione del mondo trasversale, presente come tale, sia in chi milita a sinistra, sia in chi milita al centro, sia in chi milita a destra, uniti dal sentimento del rispetto per le opinioni altrui, capace di distinzioni rigorose tra valori denotati dal concetto di “persona” (in quanto rationalis naturae individua substantia, cioè “sostanza individuale di natura intellettuale”, come sintetizzava Severino Boezio nel VI secolo, prima di essere fatto uccidere da re Teoderico, sospettoso nei suoi confronti), e valori denotati dall’unicità e irriducibilità di ogni essere vivente e quindi, a maggior ragione, di ogni essere umano.
Questa “visione del mondo”, anzi solo questa visione del mondo consente di considerare la laicità come un bene condiviso, perché fondata su un’antropologia sana, veridica e razionalmente dimostrabile, quasi come un sillogismo di primo livello, nella sua versione semplificata dell’entimema: se ogni uomo ha il medesimo valore di un altro per natura, ed è comunque entità unica e irriducibile, può dialogare con qualsiasi altro uomo su un piano di parità.
E dunque l’unione laica delle forze può essere una medicina, anche se forse amara, per contrastare l’attuale deriva demagogica, connotata da superficialità di analisi, incapacità di sintesi comparative, limiti culturali ed espressivi, arroganza ignorante e ignoranza arrogante, il tutto privo del sentimento della vergogna, che dovrebbe accompagnare la resipiscenza di chi è intelligente, e pensa e vuole e decide di fare cose secondo ragione.
Nel Governo attuale tipi umani poco presenti, e altrettanto dicasi delle opposizioni, ma c’è speranza, perché fuori da lì ce ne sono.
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