Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

buonsenso, conoscenza e vergogna

Marco Pannella, anche se gran narciso, ha avuto molti meriti, etici e politici. L’ultima battaglia che combatté con spirito libero è stata quella per il diritto alla conoscenza. Nonostante il web e tutte le diavolerie informatiche del nostro tempo, le persone sono in gran misura disinformate, fuorviate, manipolate.

L’essere umano vive e migliora grazie alla sua intelligenza che, con l’esperienza cresce, come mostrano gli studiosi dell’antropologia generale, fin dalla rivoluzione cognitiva di 70.000 anni fa o giù di lì. Ora si parla molto di intelligenza artificiale, e se sarà in grado di superare quella umana, confondendola spesso con la nozione di coscienza. Se la A.I. (l’intelligenza artificiale) può già superare l’uomo in memoria e nella capacità di “pensare” algoritmi che le permettono di battere l’uomo in giochi “intelligenti” come gli scacchi, essa è bene lontana dall’averne coscienza. A David, in 2001 Odissea nello spazio è bastato un cacciavite per disattivare Hal9000, potendolo, se del caso, riattivare con lo stesso cacciavite. Lo stesso cacciavite può essere un’arma mortale per un essere umano, ma non può riattivare la vita. La vita umana e la sua autocoscienza non sono paragonabili all’intelligenza robotica. Sono incommensurabilmente di più.

La macchina non esprime buonsenso, l’uomo sì. Ma il buonsenso è continuamente messo a dura prova da provocazioni e falsificazioni. La tendenza attuale, quella postata miliardi di volte sul web, è quella di vedere poche volte il bicchiere mezzo pieno, preferendo un pessimismo di maniera, ché fa più “intellettuale”. Parrebbe che solo gli ingenui vedano le cose dal lato buono. Campioni, si fa per dire, dell’uso del web sono molti dei politici attuali, da Trump, che cinguetta continuamente, con un linguaggio da liceale pluribocciato, a Salvini vicecapodelgovernoministrodell’internosegretariodellalegacapitano, dichiarante palingenesi con ghigni e smorfie da coatto.

Salvini, in giubbotto della polizia, e Bonafede a Ciampino per l’arrivo di Battisti, hanno dato vita a una sceneggiata di immane idiozia. Battisti doveva essere fatto arrivare a un’ora non nota alla stampa e portato in carcere come qualsiasi detenuto catturato e già condannato con sentenza passata in giudicato. Mi è parso che la commedia salviniana abbia illustrato le due facce di una stessa medaglia: di due narcisi, strafottenti e arroganti, lo stesso ministro e il delinquente.

Qualcuno dirà a Salvini, prima o poi che, lui che delinquente non è, si accomuna a chi delinquente è con i comportamenti e gli atteggiamenti prediletti, e ulteriormente utilizzati da ministro della Repubblica Italiana. Battisti è un delinquente e criminale che resta convinto della legittimità delle azioni compiute. Catturato ubriaco e ciondolante, basta vedere il brevissimo video sul web, è riuscito, grazie all’insipienza dei governanti italiani, a scendere dallo splendido Falcon 900 quasi fosse un eroe dei due mondi, novello Guevara o Garibaldi. Non pensavo che la stupidità di Salvini e C. giungesse a tanto. Ma a questi interessa soltanto apparire, a qualsiasi costo, e dunque si tratta di una stupidità calcolata.

Battisti non prova alcuna vergogna, che è un sentimento o emozione susseguente a un’auto-valutazione di fallimento globale del proprio comportamento nei confronti delle regole, scopi o modelli di condotta condivisi con gli altri umani, e coinvolge tutta la persona dicendo inadeguatezza radicale, ovvero il dispiacere di non essere considerati dagli altri come si vorrebbe. Lui si sente nel giusto, o perlomeno desidera mostrare questo suo “sentirsi-nel-giusto”, arrogantemente, senza arrossire.

Ma, la domanda seguente è: dov’era la sinistra in questo quasi quarantennio? A firmare a suo favore come fosse un perseguitato politico? A far finta di cercarlo? Una sinistra salottiera con campioni improbabili quali la moglie del presidente Sarkozy, principe dei beoti, una sinistra da terrazza romana e da vacanze capalbiesi. Non si tratta di gloria o di vendetta l’avere messo al sicuro in galera Battisti, ma di giustizia. Il più dignitoso di tutti in questa vicenda è stato Alberto Torregiani, paraplegico perché ferito dalla banda di Battisti nel ’79, che non ha invocato vendetta, ma pace nella sua anima, ora.

Scandalizza che ad attendere il criminale non pentito ci fosse mezzo governo e ad attendere il giovane Megalizzi il presidente Mattarella e un trafelato Fraccaro (e chi è costui?). Scandalizzarsi è mostrarsi vivi, prima ancora che alla giustizia, come virtù etica, alla ragione, alla logica argomentante, che è la dimensione spirituale più in crisi, in questi nostri tempi chiaroscurali.

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2 Comments

  1. Renato perdona se, di tanto in tanto, leggendo sempre con interesse i tuoi scritti, mi “permetto” di intervenire 🙂
    Ma vorrei chiederTi … Senza polemica alcune… dal momento che sono passati oramai molti anni da quel cupo periodo e assodato che lo Stato ha vinto lo scontro contro brigatisti e/o terroristi rossi o neri che fossero… e partendo dalla considerazione che (a giudizio mio per lo meno) nei fatti quella fu una guerra civile strisciante… ebbene… tutto quanto considerato … é possibile pensare/confrontarsi oggi su un intervento di amnistia (non indulto si badi) ? Dico questo al di lá del caso Battisti… una considerazione piú generale che possa abbracciare tutti quei sanguinosi anni ’70/’80!
    Il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga (quello scritto con la K e le SS) era ad esempio molto a favore di un simile intervento.
    Grazie e mandi

  2. Caro Enrico, ti dirò a voce come io stesso sia coinvolto personalmente in un’esperienza di tutela legale di una di queste persone ristrette da decenni. Certamente è tempo di individuare una soluzione politica per mettere la parola fine a questa triste storia, che comunque è un pezzo di storia patria. Ma non Basta. Occorrerebbe che l’Amministrazione penitenziaria e la Giurisdizione fossero in grado (volessero/ potessero) mettere i detenuti, i tutori legali (come me), gli avvocati e i giudici nelle condizioni di aprire un dialogo sui fatti per i quali vi sono state condanne penali gravi, gravissime e anche definitive (ergastoli ostativi), per verificare come trattare il tema del recupero alla vita esterna e alla società di -per la verità- non moltissime persone, che non hanno un luogo-momento di dialogo su questo tema.
    Vi è inerzia, sottovalutazione, pigrizia, quasi un sentimento di rassegnazione che echeggia una specie di sentenza “hanno sbagliato, sono dentro, moriranno lì”.
    Nel mio piccolo agisco, supporto persone con la mia filosofia pratica, dialogo con legali e forze dell’ordine, ma non c’è un progetto comune, condiviso, governativo, eticamente chiaro sul destino di chi ha sbagliato anche gravemente, ma non può e non deve essere condannato a morte… a vita. Grazie, piuttosto, della tua attenzione, visto che quasi ti scusi. Mandi.

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