Le “colpe” della famiglia e della scuola e della politica
Famiglia e scuola in Occidente si sono macchiate di gravi colpe nell’ultimo trenta/ quarantennio, certamente anche per il tipo di civiltà che si è affermata, efficientista e numeristica, ma anche per insipienza intrinseca della ragione politica e delle decisioni amministrative degli organi pubblici, del potere legislativo e di quello esecutivo, di parlamenti e governi.
Al termine “colpa” qui attribuisco l’accezione comune di errore-fatto-con-responsabilità, piena avvertenza (o quasi), cioè consapevolezza e deliberato consenso. E’ più o meno la nozione teologica di “peccato mortale”.
Altra “colpa” o “ragione della colpa” è la progressiva sottovalutazione del ragionamento e del sentimento, ambedue – dimensioni conoscitive – sempre più bastonate dal processo mediatico e dalla crisi del pensiero critico, la strada obbligata per il discernimento razionale delle cose del mondo e delle vicende umane, delle vite.
Che cosa è il pensiero critico, se non la capacità di sottoporre al vaglio della ragione e dei dati di conoscenza ogni atto o fatto umano? Ebbene, questa dimensione umana è ampiamente in crisi, nel senso che è in difficoltà molto gravi.
Vorrei scomodare la parte oscura del pensiero cartesiano, che non manca, per trovare un’origine originante (di) questa crisi, ma mi sembra troppo complicato per gli scopi di questo pezzo. E dunque lascio perdere (anche perché ne ho parlato non poche volte precedentemente altrove, anche in questo sito), dicendo soltanto che la superbia attuale è stata essenzialmente generata dall’io debordante e vanaglorioso, poi ulteriormente esaltato dagli idealismi ottocenteschi (da Hegel a Marx), pressoché dimentico della realtà oggettiva e dello spirito di comunitarietà che ha sempre costruito – anche con modalità molto diverse – le società umane nella storia dell’uomo. In altre parole, il soggettivismo spinto post-cartesiano, hegeliano, fichtiano ha progressivamente messo all’angolo il concetto di realtà in sé, su cui vi sono da qualche tempo alcuni timidi virgulti di pensiero, ma molto timidi (cf. le ultime opere di Maurizio Ferraris). Come se tutto dipendesse dal giudizio, se non dall’opinione soggettiva: “io penso che…” con ciò che segue, dove il pensiero soggettivo non è tenuto all’uso del sillogismo logico, ma basta si basi sull’apodittica affermazione di un “io” che parla e che giudica. Un “io” si può sbagliare, se presume troppo di sé. La dico così: il mondo e gli altri esistono anche se io non partecipo di questa realtà, non essendo mai nato (magari).
Solo un accenno alla storia generalissima del pensiero umano, a partire dai miti. I miti sono modelli umani, tra alcuni Zeus, per il comando, Marte-Ares per la lotta, Dioniso per gli istinti, Atena per lo studio, Ermes per la comunicazione, etc…, e lo sono stati fino alla scoperta filosofica del Lògos, cioè del ruolo fondamentale della ragione per analizzare, conoscere, discernere, decidere, e infine operare…
L’antropologia e la storia sono le ancelle disciplinari di questa ricerca storico-filosofica. L’uomo ha poi inventato i riti, per definire ruoli e posizioni nelle società che si costituivano, dai riti di passaggio a quelli legati alla morte e alla nascita, e così via.
Fino a qualche decennio fa le nostre nonne raccontavano storie, che noi ascoltavamo, fino circa alla mia generazione. Ora le nonne sono occupate più dai lifting, lasciando agli smartphone i loro vecchi compiti. Scherzo, ma non troppo.
Il desiderio di vita, la conoscenza del male e della morte, come capitava a me da chierichetto, quando partecipavo ai funerali e si andava a casa a prendere il defunto per le esequie, erano elementi conoscitivi naturali, peraltro inevitabili. Fino a trenta/ quaranta anni fa si moriva in casa, se non altro nell’immenso contado montano e agricolo dell’Italia. Si nasceva anche, in casa. Oggi no: la nascita è spedalizzata, la morte idem.
Le mappe culturali dell’età evolutiva di quando eravamo bambini noi erano impresse con forza dalla vita, così come le mappe emotive, poiché il ragionamento e i sentimenti si imparano con i genitori e in famiglia, con gli amici e nelle comunità. L’amore è conoscenza non razionale, intuitiva, è motore vitale, attività desiderante, dove i genitori assolvono ruoli diversi e complementari e così pure i componenti della coppia umana. Ai sostenitori dell’assoluta eguaglianza tra la famiglia genitoriale “classica”, “naturale” (virgoletto per non offendere nessuno), e quella omosessuale suggerisco di informarsi a livello scientifico sull’importanza della differenza di genere fra i genitori, intesi come padre e madre. La concezione, la nascita e lo sviluppo di un bimbo ha a che fare non solo con la psicologia dell’età evolutiva e con la pedagogia, ma anche con la biologia. Siamo corpo, siamo odori, siamo consistenza muscolare, per cui il papà è più “duro” della mamma, che è più morbida! Skin to skin significa che il figlio / la figlia hanno bisogno anche di annusare la madre e anche il padre da nati, così come da nascituri, da feti, hanno bisogno di sentire la voce di tutti e due i genitori, sapendo che quella della madre rimbomba dentro e quella del padre è un sussurro un po’ cupo che viene da fuori. Ciò non significa che solo questo tipo di assetto familiare “produca” figli sani e positivi, poiché vi sono miriadi di esempi del contrario, ma altrettanto che non si può fare di ogni erba un fascio. Non è vero che ogni modello è uguale a un altro.
In politica occorre vigilare sul linguaggio che è scivolato a livelli preoccupanti per qualità espressiva, per lessico, per modi e per toni. Attualmente la politica si serve del web al suo peggio e il web si serve della politica e in parte (notevole) la determina. Per vivere questi tempi bisogna combattere la noia dell’horror vacui, cui spesso i giovani cedono.
Personalmente, io che sono di sinistra moderata, non mi sento rappresentato da alcun partito che si rifaccia a quella area, perché a volte cerco perfino a destra qualche risposta. Paradossale! Quando la sinistra si incarta solo sui diritti civili, oppure si immerge nei paradisi della tecnocrazia, dimenticando quelli sociali, per cui è nata, non mi appartiene più. Che cosa possa avere a che fare io con tipi come un Marcucci (e chi è?), Delrio (ha un eloquio annoiante di infinita tristezza), Cirinnà e Calenda è evidente: nulla. Vi è una grande confusione nell’offerta politica, dovuta a ignoranza tecnica, a banalizzazione concettuale, a superficialità e ad assenza di logica.
Quando vedo e ascolto Salvini sbraitante dal suo sito così: “Se qualcuno pensa… e bla bla (s’intende di fare un governo con il PD, etc.), mi vien da pensare “ma chi sei tu che vuoi impedire di pensare? sai che ognuno è libero per natura di pensare quello che vuole, anche i carcerati? ma chi credi di essere, lo Spirito Santo?” Se qualcuno pensa… ebbene sì, caporalmaggiore Salvini, “qualcuno pensa, mettiti il cuore in pace, e datti una calmata. Togliti dal tono quella boria insopportabile!”
Occorre recuperare l’importanza della letteratura, dell’arte, della storia, del pensiero filosofico può essere medicina forse amara, certamente faticosa, ma indispensabile. Occorre educazione non solo istruzione, formazione non solo addestramento, per sviluppare l’intelligenza divergente, l’intelligenza critica, ché le competenze tecniche si acquisiscono facilmente.
Il voto politico è quello che è oggi per tutte queste ragioni. Tutto si tiene, tutto è legato, famiglia, scuola, politica.
Per dire, mi pare una citazione interessante sui giovani di oggi la seguente, che illumina sulla situazione: i ragazzi di oggi sono come “angeli che Dio non aveva previsto” (Jacques Maritain a Paolo VI, sui giovani dai 16 ai 30 anni).
Penso che non abbiamo bisogno di angeli oggi, su questa terra, ma di ragazzi che crescono con equilibrio.
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